Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

venerdì 17 giugno 2011

Lovat fonda la Lega Democratica Comunitaria

Oggi che è il mio compleanno voglio farmi un regalo, e dato che un blog non è un giornale ma pur sempre un diario, il post di questa giornata lo dedico ad un’anticipazione che mi dà il destro di filosofeggiare un po’.
Beninteso, sto parlando di una notizia giornalistica: la nascita, che a quanto pare avverrà a breve, di un nuovo movimento che mira a radunare gli scontenti leghisti, ma non solo. Anima di quella che si chiamerà Lega Democratica Comunitaria è l’espulso eccellente del Carroccio vicentino, Davide Lovat. Il nome prescelto deriverebbe dalla Lega Democratica Nazionale di Romolo Murri, il prete spretato modernista e socialisteggiante di inizio Novecento, e soprattutto dalla Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi, la pasionaria birmana vittima della dittatura militare a cui Lovat dichiara d’ispirarsi. Come si vede, un biglietto da visita di adesione incondizionata a un ideale insieme democratico, cattolico e sociale.
Ma veniamo al manifesto ideologico che ispirerebbe il neo-leghismo di Lovat. In economia, la Ldc si rifà alla dottrina della Chiesa: né marxismo né liberismo, ma un capitalismo temperato secondo le linee ispiratrici delle encicliche Rerum Novarum (1891) e Quadragesimo Anno (1931). Personalmente, messa così la trovo la solita minestra paternalista, col buon padrone che elargisce la giusta mercede al lavoratore. Tuttavia, in tempi in cui il politico cattolico medio si riempie la bocca di “solidarietà” e poi si eccita al pensiero di un governo Draghi, il richiamo al solidarismo tradizionale non è da buttar via. Suggerisco però una netta presa di posizione a favore del principio di cooperazione su quello, degenerato a sopruso, della competizione. E magari di aprirsi alla prospettiva di una decrescita volontaria, o “serena”, come la chiama il suo massimo teorico Serge Latouche.
Sull’immigrazione, no alla teologia dell’immigrazionismo che produce disoccupazione e impoverimento generale. E no a pagare il welfare di altri Stati come lo Stato Vaticano: i missionari vadano in missione ma non si facciano finanziare col 5 per mille. Qui mi trovo totalmente d’accordo, e non soltanto per quanto riguarda la svaticanizzazione dell’Italia. Raccontiamocela giusta, per favore: gli immigrati costituiscono l’esercito di riserva ideale per un mercato del lavoro ridotto a un far west di desolazione e precarietà. Il rifiuto delle braccia aperte sempre e comunque implica però un’idea in assoluta controtendenza: la denuncia della globalizzazione come schiavitù globale, altro che progresso e crescita infinita. Insomma no-global fino alle estreme conseguenze, sposando la spinta contraria: il localismo. Se l’Unione Europea avesse uno scopo, invece di fare gli interessi delle banche proprietarie della Bce, dovrebbe darsi quello di riunire sotto il proprio cappello (armato, neutrale e federale, come pensa anche un Sergio Romano, che utopista non è) le identità locali e regionali superatrici degli Stati nazionali in crisi.
E’ appunto il disegno europeista di Lovat: un’Europa di regioni autonome confederate, con una Nato che torni ad essere un patto difensivo e non uno sbirro internazionale. Personalmente, trovo la Nato del tutto anacronistica e, quel che è peggio, un vero e proprio nemico in casa che impedisce la costruzione di un indipendente esercito del continente. Si avvisa che sganciarsi dall’atlantismo presuppone lo sganciamento dall’alleanza-sudditanza agli Usa: e sarebbe anche ora. Ma allora il rilevantissimo, e apprezzabilissimo, ripudio delle guerre d’esportazione democratica finisce con l’essere velleitario, fintanto ché non ci si sbarazza del guinzaglio americano che ci tiene avvinti alle strategie e agli interessi imperiali di Washington.
Significativo è il fatto che sull’assetto istituzionale, sulla famiglia e sul lavoro, tre settori fondamentali, la Ldc si pone in rispettoso e letterale ossequio della Carta costituzionale in vigore. Art. 5: applicazione dello Stato regionalista. Artt. 36-37-38, oltreché naturalmente l’1: lavoro come valore sociale da tutelare per non farsi fagocitare e brutalizzare dagli spiriti animali del mercato lasciato a sé stesso. Artt. 29-30-31-32: famiglia come cellula fondamentale della società basata sul matrimonio fra uomo e donna, e tutto quel che ne consegue in termini di rigetto della promiscuità alla moda. Sarebbero argomenti da trattare in ben altre sedi, ma in estrema sintesi direi che tali campi andrebbero arati con molto più coraggio e visione. Prendiamo il lavoro. Ma chi l’ha detto che dev’essere un dogma? Secondo la concezione greco-romana – che preferisco – ma volendo anche biblica, lavorare era la condizione del servo, non dell’uomo libero. Per me, opportunamente depurato dall’idiotismo da figli dei fiori, rimane valido il famoso slogan: lavorare meno, lavorare tutti. Il resto è vita. Ma comprendo che ciò suona come una bestemmia per i Veneti che confondono la vita con lo sgobbare da mane a sera. Figuriamoci per i Venetisti. Quanto alla famiglia, una qualche forma di riconoscimento alle coppie omossessuali credo sia un attestato di puro buon senso. Sono risolutamente contrario, invece, a permetter loro l’adozione di figli: un bambino, per il suo equilibrio psicologico, ha bisogno di un padre e di una madre. La favoletta dell’amore a ogni costo nasconde un egoismo degno di un’epoca in cui ogni desiderio dev’essere appagato come se tutto fosse un oggetto di consumo (è la negazione del limite, la “tracotanza” che gli antichi Greci, che ne avevano un sacro orrore, chiamavano hybris).
Sullo sfondo, appare evidente che Lovat si abbevera all’etica della bimillenaria tradizione cristiana. Occhio, qui: io ad esempio, quando ci si scannava sull’inserire o meno il retaggio della “civiltà giudaico-cristiana” nel preambolo della Costituzione europea, non ero contrario: mi sembrava negare l’evidenza. A patto però di aggiungere le radici greco-romane, cioè pagane. Ma ovviamente questo non era possibile, perché in realtà la citazione del solo giudeo-cristianesimo serviva unicamente come strumento dell’odiosa Kulturkampf contro l’Islam considerato invasore. Su questo decisivo nodo vorrei avere lumi dall’amico Lovat. La sua Lega anti-bossiana ritiene che i musulmani rappresentino una minaccia, come ci siamo sentiti ripetere allo sfinimento dall’isterica vulgata di stampo fallaciano, o invece, secondo il principio sacro della diversità (differenzialismo), è giusto e utile riconoscere che grazie a Bin Laden e a una minoranza di fanatici si è dichiarata una guerra culturale che mira all’estinzione di tutto ciò che è Altro dall’Occidente?
Cari frequentatori di questo blog, come vedete mi sono lasciato andare ai massimi sistemi. Credo che la preoccupazione più urgente, per questa Lega Democratica Comunitaria tutta da farsi, sia raggiungere il più prosaico obbiettivo di organizzarsi e lanciare una sfida dal basso alla Lega storica, che abusivamente detiene il copyright sull’idea federalista. Per quanto mi riguarda, e per quel che può contare, vedo sempre con simpatia chiunque tenti di smuovere le acque stagnanti del dibattito politico e culturale. Perché prima di ogni altra cosa vengono le idee. O almeno, dovrebbero. (a.m.)

3 commenti:

  1. Ancora una volta, bel post.
    Manifesto interessante, e ottimi spunti di riflessione. E buon compleanno!

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  2. Non ho ben capito se è Lovat che fonda un partito o Mannino....

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