La pregiata, e per quanto mi riguarda amata Biblioteca Civica Bertoliana sta morendo o quasi. Non c’è abbastanza spazio per contenere i libri, non c’è abbastanza denaro per acquistarne di nuovi e rinnovare abbonamenti alle riviste, soprattutto non si vede una decisa risoluzione del Comune per trovare una sistemazione soddisfacente ai bisogni degli utenti, in particolare gli studenti che ne stipano le stanze per studiare. L’assessore alla cultura e urbanistica Francesca Lazzari oggi sul Giornale di Vicenza ricordava che esiste un project financing di ampliamento nell’ex scuola media Giuriolo previsto per il 2012. Sulla carta, però. Perché di concreto ancora non s’è visto nulla. I politici vicentini si accapigliano sulla paternità e irrevocabilità dell’idea (è nostra, dice il centrodestra; si farà quant’è vero Iddio, giura il centrosinistra), e intanto il presidente Giuseppe Pupillo continua a non vedere il becco di un quattrino. Me lo diceva già nel giugno di un anno fa: «Il problema è la volontà politica di dare priorità a un investimento di questo tipo».
Bisogna dare atto che se non ci fosse il privato, nello specifico l’onnipresente Fondazione Cariverona, non sarebbe possibile neppure garantire il servizio minimo essenziale: la conservazione dei libri. E bisogna altresì ringraziare i volontari: i giovani forniti dal servizio civile e gli anziani dell’Auser, in tutto circa una ventina di preziose unità. La Bertoliana è una biblioteca di livello nazionale. Custodisce la storia di Vicenza, anzi è la storia di Vicenza. I suoi locali hanno ospitato generazioni di ragazzi, e il suo nome dovrebbe essere sinonimo, come già è per chi la frequenta, di un punto di riferimento, un luogo di ritrovo, un posto da vivere, dove parlare, scambiarsi idee, passare il tempo fra un libro, un giornale e una chiacchiera. Insomma non un sacrario né un monastero, ma un centro vivo, pulsante, animato. Purtroppo, si sa, la cultura è la cenerentola dei bilanci pubblici, perché non porta voti e non ha santi o Bisignani in paradiso. Eppure l’Italia ne è letteralmente piena. Il guaio è che è anche piena di italiani. Cioè di gente che in media considera la cultura una cadente e morta Pompei e ha scambiato Croce, Longanesi e Pasolini con Costanzo, Scotti e Vespa. (a.m.)
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