
Bisogna dare atto che se non ci fosse il privato, nello specifico l’onnipresente Fondazione Cariverona, non sarebbe possibile neppure garantire il servizio minimo essenziale: la conservazione dei libri. E bisogna altresì ringraziare i volontari: i giovani forniti dal servizio civile e gli anziani dell’Auser, in tutto circa una ventina di preziose unità. La Bertoliana è una biblioteca di livello nazionale. Custodisce la storia di Vicenza, anzi è la storia di Vicenza. I suoi locali hanno ospitato generazioni di ragazzi, e il suo nome dovrebbe essere sinonimo, come già è per chi la frequenta, di un punto di riferimento, un luogo di ritrovo, un posto da vivere, dove parlare, scambiarsi idee, passare il tempo fra un libro, un giornale e una chiacchiera. Insomma non un sacrario né un monastero, ma un centro vivo, pulsante, animato. Purtroppo, si sa, la cultura è la cenerentola dei bilanci pubblici, perché non porta voti e non ha santi o Bisignani in paradiso. Eppure l’Italia ne è letteralmente piena. Il guaio è che è anche piena di italiani. Cioè di gente che in media considera la cultura una cadente e morta Pompei e ha scambiato Croce, Longanesi e Pasolini con Costanzo, Scotti e Vespa. (a.m.)
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