In questi giorni in cui la maledetta Tav è tornata all’onor della cronaca a furia di lacrimogeni e manganellate contro i fieri valsusini, giustamente c’è chi ha puntato il dito contro la disinformazione dilagante sui media di regime. Nessuno del supermercato grandi firme del giornalismo servo e falso si è preso la briga di controllare se le tesi dei No Tav, tutte fatti e cifre, fossero vere o no. Il succo del discorso, infatti, sta qui: nel caso avessero ragione i contrari all’alta velocità, sostenerla a spada tratta sarebbe non soltanto uno spudorato atto contro la verità, ma soprattutto mostrerebbe l’abbietta irresponsabilità di chi si riempie la bocca di retorica della “crescita” e dello “sviluppo” senza portare un dato certo, una previsione azzeccata, una stima ragionevole. Sono proprio i valligiani gelosi della propria terra e decisi a difenderla beccandosi botte e denunce, quei duri di scorza e puri di cuore accusati di essere retrogradi, antimoderni e particolaristi, sono loro invece le persone sensate, che offrono argomenti solidi e razionali: costi mostruosamente alti a fronte di benefici nulli, incertezza se viaggeranno uomini o merci, buio pesto sul collegamento sulle futuribili linee oltre Milano, trasparenza sugli appalti tutta da verificare. Questo per non parlare di temi che non scaldano l’animo egoisticamente menefreghista dell’opinione pubblica eterodiretta, come: lo sventramento di una valle già offesa quanto basta dal traffico dei camion, la repressione autoritaria di un’intera popolazione spogliata della sovranità locale in nome della democrazia nazionale, e ancora, se vogliamo guardare in fondo all’abisso, lo scempio di dignità e libertà sull’altare dell’economia, che dovrebbe essere un nostro strumento e invece è la nostra intollerante padrona.
Quello che fa schifo è il fariseismo di certi intellettuali doppiopesisti e fregnoni che se commentano gli scontri di piazza fra studenti e polizia agitano il cliché sessantottino della contestazione giusta perché va in culo al governo nemico, mentre se a resistere all’arroganza del potere politico-economico sono montanari attaccati alla propria casa e alle proprie radici, allora no, la protesta non va bene. Uno così è quel radical-chic di Michele Serra, così talentuoso nella scrittura quanto insopportabile nella saccenteria progressista. Nella sua “Amaca” sulla Repubblica di ieri, dopo aver dovuto ammettere - essendo lui di sinistra, perbacco - che qualche ragione la suddetta sollevazione di popolo deve pure averla, per salvare le ragioni della Grande Opera che tanto piace alla sinistra (tutta quanta compreso Sel e IdV, sia pur con distinguo e sfumature diverse), che ti fa l’opinionista principe del politically correct rosso blasé? Tira fuori dal cappello il più trito, vuoto e stantìo dei totem: l’Europa. E’ l’Europa a salvaguardare il nostro futuro e a impedire che collassiamo nella feccia delle Piccole Patrie (una «dannazione», le definisce l’ex comunista Serra). O la malediciamo sempre – scrive – o ne accettiamo «lo scomodo ma autorevole patrocinio». Se per lui è soltanto “scomodo” il fatto che un finanziamento europeo a scadenza ultra-prorogata (com’erano i 320 milioni di euro in scadenza il 30 giugno) sia il grimaldello di una costruzione faraonica, sporca di sangue e sbagliata sotto tutti i punti di vista, significa una cosa sola: che va maledetto lui assieme alla sua cara Tav, al fronte unico Pdl-Pd-Lega-sinistra varia ed eventuale che la appoggia, ai gazzettieri che la santificano e ai banksters e prenditori che ci lucrano. Sognando un’Europa delle Piccole Patrie, come la Val di Susa. Michele Serra, fai schifo. (a.m.)
se non ricordo male la sinistra radical chic che si trova a filofare sul nulla nei mesi estivi a capalbio non si oppone a un'autostrada che deturperebbe il luogo ameno dove si cazzeggia sul nulla. meglio ma molto meglio il no dei notav della valdisusa, motivata con controstudi con i fiocchi che solo un clown (senza offesa per i clown) come Michele Serra non ha letto perchè costa fatica, che la sindrome nimby dei filosofi e uominini politici da strapazzo che si ritrovano a Capalbio. la sarà dura ma vinceranno i no tav della val di susa. Luciano Panato
RispondiEliminaLa sinistra aderisce da sempre al progetto mondialista e globalista, dietro l'ipocrita alibi del pauperismo e del terzomondismo. Ma questo si sapeva; quello che è andato storto al popolo identitario è stato l'arrendevole atteggiamento del governo e della Lega in particolare che su tale questione non si è discostato da un andamento prono ai diktat dell'UE che son tutti di chiaro stampo etnomasochista...
RispondiEliminaHelmut Leftbuster
http://aristocraziaduracruxiana.wordpress.com/2011/07/01/t-a-v-progetto-globlista-e-ipso-facto-identitaristicamente-sbagliato/