«Le forze americane in Europa continueranno a ridursi. Del resto sono già calate di quasi i due terzi. E’ inevitabile e non solo perché gli europei sono restii a fare la loro parte nella ripartizione delle spese. (…) Ora, alle prese con una crisi economica e fiscale di una gravità senza precedenti, gli americani vogliono che il governo si concentri di più sui problemi interni. Ma c’è anche il dato strategico: gran parte dell’arsenale russo è obsoleto, continuare a schierare certe batterie di missili è semplicemente anacronistico. Quanto al ruolo Nato… priorità e interessi dell’Europa e degli Usa non sono più gli stessi, la nuova missione non ha funzionato. Le relazioni transatlantiche entrano nell’era della post-alleanza. Un’era nella quale gli Usa avranno relazioni discrezionali e selettive coi singoli partner Nato: Gran Bretagna, Francia, Germania. A volte l’Italia» (Corriere della Sera, 23 giugno 2011). Il corsivo è mio, e a parlare è Richard Haas, ex direttore della pianificazione strategica del Dipartimento di Stato americano, da otto anni presidente del Council on Foreign Relations (CFR), il più importante think thank mondiale fondato negli Anni Venti dal magnate David Rockefeller. Cos’ha detto l’autorevole portavoce dell’establishment d’oltreoceano? Ha fatto un’affermazione di portata storica: la Nato sorta all’indomani della Seconda Guerra Mondiale come patto difensivo anti-comunista non ha più alcuna ragion d’essere, e oggi si torna all’antica tradizione del concerto internazionale, fitto di rapporti bilaterali, incrociati e volubili a seconda della necessità e della convenienza. Che facciamo, cari Nato-dipendenti per partito preso, consideriamo anche mister Haas affetto da anti-americanismo preconcetto? (a.m.)
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