Non patirò le illustri disidratazioni di quel Gandhi esibizionista di Marco Pannella, né posso ostentare prestigiose collaborazioni a Repubblica, Panorama e il Foglio come quell’assassino venerato e vezzeggiato di Adriano Sofri, però sulla tortura di massa che miete suicidi e disperazione nelle carceri italiane una parola la voglio dire anch’io. E’ notizia di oggi che nei prossimi tre giorni i reclusi della casa circondariale di San Pio X a Vicenza aderiranno alla protesta che da diverse settimane spinge i 70 mila detenuti della penisola allo sciopero della fame. Il sovraffollamento che li fa vivere in bugigattoli senz’aria, con gli agenti di sorveglianza obbligati a turni massacranti perché troppo pochi (e lo stress può portarli a violenze gratuite e inaccettabili), unito alla storica mancanza di fondi per finanziare le attività necessarie al reinserimento nella società lavorativa, è un atto d’accusa tremendo contro la nostra decantata umanità. Non siamo umani, se lasciamo che esseri umani come noi, che certo hanno sbagliato e devono pagare il fio dei propri errori, subiscano un trattamento da esseri inferiori, dimenticati da Dio, dagli uomini e dallo Stato. Invece di prevedere qualcosa come 20 miliardi di euro per la Tav, si costruiscano più penitenziari. Invece di depenalizzare il falso in bilancio e scassare la già scassata giustizia penale con leggi ad personam e riforme mirate ad allungare ancora di più i tempi biblici dei processi indebolendo per giunta il potere dei giudici, si lascino fuori, quando non recidivi, i tantissimi tossicodipendenti (cure obbligatorie) e la marea di extracomunitari (basta con la fasulla tolleranza zero di certa destra, basta col lassismo ipocrita di certa sinistra: i delinquenti stranieri delinquano fuori dai nostri confini, punto e a capo). Nessuna amnistia, niente indulti: queste sono formule che poi fanno da alibi alla politica maneggiona che se ne serve per far sì che gli amici degli amici la facciano franca. Ci vogliono soldi da investire, per garantire una vita carceraria dignitosa ai colpevoli di reati. Quei fottutissimi, stramaledetti soldi che nel nostro paese così cattolico a parole, e così privo di cristiana pietà nei fatti, all’occorrenza si trovano sempre se si tratta di ingrassare a ufo i grassi culi degli industriali assistiti, dei politici tangentari, dei baby-pensionati e pensionati d’oro, dei privilegiati infilati negli enti pubblici, dei raccomandati di partito, dei portaborse, dei miracolati e paraculati di regime. Là dentro, nelle patrie galere, si marcisce come bestie in gabbia. Là in alto, o magari spesso in qualche palazzaccio del potere a due passi da casa nostra, si fa la bella vita di chi se ne frega e pensa che il suo vile ombelico sia l’ombelico del mondo. Noialtri che ci poniamo questi problemi e facciamo fatica a campare solidarizziamo coi primi, cioè con gli ultimi. Perché non è giusto soffrire una pena di cui non si ha colpa. (a.m.)
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