Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

martedì 31 maggio 2011

I magnifici cinque e la Moretti ghiacciata

A Vicenza la Dc vive e lotta in mezzo a noi. E fa, disfa e briga. Rumoriani e dorotei, come ai bei tempi. Trasversalmente ai due poli, alla cosiddetta destra e alla cosiddetta sinistra. In nome del bene sommo e ultimo: il potere. Questa volta a farne le spese è un outsider ambiziosissima ma ancora un po’ acerba in fatto di trame e sotterfugi: la vicesindaco Alessandra Moretti.
Devono sapere, i vicentini, che la cabina di regia dell’amministrazione targata Partito Democratico è fatta da un quintetto abile e rotto a tutte le astuzie. Naturalmente al vertice c’è il sindaco Achille Variati, vecchia volpe con pelo alto così. Al suo fianco, ma di fatto di pari grado, il portavoce e capo di gabinetto Jacopo Bulgarini d’Elci dell’agenzia Alias, che vorrebbe essere quello che Franco Miracco era per Giancarlo Galan: più di un suggeritore, più di uno spin doctor: il sindaco-ombra. Subito sotto Angelo Guzzo, presidente di Acque Vicentine, fedelissimo esecutore e messo d’Achille. Al suo stesso livello, il giovane Federico Ginato, segretario provinciale del Pd, allevato e mantenuto nel gruppo consiliare in Regione grazie al munifico Variati. In coda, scalpitante, il giovanissimo Giacomo Possamai, a capo della sezione giovanile del partito in provincia (e figlio di un giornalista di rango dell’holding Repubblica-Espresso, Paolo Possamai oggi direttore del Piccolo di Trieste). Una pattuglia di rumoriani di vecchio corso, neo-rumoriani per vocazione e rumoriani per metodo e concetto. Tutti, all’interno del Pd, lettiani. I quali hanno in testa uno scenario: Variati confermato sindaco nel 2013 (molto probabile che dovrà vedersela con la leghista Dal Lago, a cui la rivale del Pdl, Lia Sartori, renderà lo sgambetto del 2008 facendogli mancare i propri voti); poi, per non lasciarsi morire politicamente sulla poltrona di Palazzo Trissino, candidarsi a governatore contro Zaia nel 2015, e al duo Achille-Jacopo non manca certo la fantasia per trovare un pretesto utile; contemporaneamente, cadendo le elezioni politiche sempre nel 2013, appoggiare Guzzo e Ginato nelle liste bloccate rispettivamente per il Senato e per la Camera; infine, un posticino da consigliere comunale per Possamai Jr, su cui sarà opportunamente dirottata una valanga telecomandata di preferenze.
Però a rompere lo schemino c’è lei, la fresca, carina, intraprendente, troppo intraprendente Alessandra. Achille gliel’ha giurata, da quella volta che la “bersaniana” lo ha scavalcato conquistando un posto in prima fila nel direttivo nazionale del Pd, a coltivare direttamente i rapporti con Bersani. E’ stata sleale, dicono. Pare che l’abbiano anche ghiacciata con un avvertimento: o si mette buona o la fanno fuori. Sanno che potrebbe aggiudicarsi un bel po’ di voti personali, con la sua ubiquità in tagli di nastri, cerimonie scolastiche e spot giovanili (è assessore ai giovani e alla scuola). Perciò hanno deciso di metterla sulla graticola, cuocendola a fuoco lento. Così hanno chiamato due dorotei del Pdl, i dioscuri Maurizio Franzina e Arrigo Abalti, e insieme hanno concordato il colpo: attaccare la Moretti sull’incresciosa vicenda del “panino”. Causa oggettive ristrettezze di bilancio, il capitolo per le mense nelle scuole ha subìto un taglio che ha costretto Alessandra a ipotizzare un giorno alla settimana di pranzo al sacco a carico delle famiglie, o in alternativa un aumento della retta. I genitori, si capisce, hanno alzato le barricate. E Franzina e Abalti hanno allestito gazebi, come mai prima d’ora li avevamo visti fare, lancia in resta contro la vicesindaco chiamata alle sue prime forche caudine in consiglio comunale: l’8 giugno, infatti, dovrà rispondere alla richiesta di dibattito a firma Pdl. E lei è solo la prima della lista. Poi verranno numerosi altri, invisi ai “magnifici cinque”. Ma di loro parlerò prossimamente. (a.m.)

La caduta (nel nulla)

A Milano e Napoli e in molte altre città il centrosinistra ha vinto e Berlusconi, innanzitutto e soprattutto lui, ha perso. Questo è il risultato uscito dalle urne dei ballottaggi delle amministrative 2011, e su questo non ci piove. Di qui a intonare inni al cambiamento, però, ce ne corre. Certo, se mentalmente si resta chiusi nel ring destra vs sinistra, non c’è dubbio che, com’è stato detto, il vento sia cambiato. Il governo di centrodestra ha preso una sonora batosta, per il semplice motivo che parte della sua gente, delusa, gli ha voltato le spalle. La formula berlusconiana – un impasto a reti unificate di demagogia infantile e illegalismo arcitaliano – ha scaricato le pile. Ci sono voluti quasi vent’anni, ma finalmente l’ideologia berlusconiana inizia la sua meritata caduta. Ma siccome il ring, la sfida a due, monopolizza il quadro visibile della politica, cioè se non sei di qua o di là politicamente non esisti, chi va a votare se non vota l’uno vota l’altro. Ecco allora che vince la sinistra, che al secondo turno ha risucchiato il consenso dei terzopolisti (Udc, qualche Fli) e recupera quello di suoi stessi sostenitori disillusi da anni di opposizione all’acqua di rose. Interessante sarà notare i movimenti di assestamento della Lega Nord: irrimediabilmente corrotta fino al midollo, non si sgancerà da Silvio e dalle poltrone a cui si è avvinghiata. Almeno per ora. Tuttavia qualche segnale al suo generoso, ma credulone, popolo, incazzato di brutto per l’appiattimento sul Berlusca, dovrà mandarlo.
Detto ciò, parlare di cambiamento è una balla clamorosa. Qui bisogna intendersi sul significato delle parole. Per il sottoscritto, cambiare vuol dire ben altro e ben di più. Vorrebbe dire, per esempio, che la maggioranza della popolazione disertasse il rito elettorale in tutte le sue forme, facendo chiaramente capire che non c’è nessuno che la rappresenti. E ci stiamo avvicinando: la media degli ultimi tempi vede un astensionismo attorno al 35-40%. Vorrebbe dire, per continuare, che si riprendesse possesso del luogo principe della democrazia, la piazza, in nome di un rifiuto netto e radicale del sistema di vita che ci strangola: in Spagna i giovani lo stanno facendo. Vorrebbe dire, e per il momento mi fermo qui, non farsi abbindolare dalla contrapposizione fra Berlusconi o Bersani, o su scala ridotta fra Moratti e Pisapia, quando, al netto della fedina penale e grattando via la facciata, ognuno sa o intuisce che sulle scelte fondamentali (strapotere bancario, tecnocrazia europea, partitismo mafioso, sudditanza agli Usa, sviluppismo suicida), che a governare ci sia Tizio piuttosto che Caio per l’uomo della strada non cambia assolutamente nulla. (a.m.)

lunedì 30 maggio 2011

Imprenditori contro Silvio

 
Ormai lo sta mollando anche il suo popolo eletto, gli imprenditori, i piccoli e medi che gli avevano tributato ovazioni entusiastiche all’assemblea confindustriale di Vicenza nel 2006. Berlusconi è bollito. Come vadano i ballottaggi di Milano e Napoli da questo punto di vista può solo accelerare la decadenza in atto: la pancia dell’industria italiana, lo ha detto a chiare lettere la Marcegaglia, è delusa dal governo ex amico. Tante parole, zero fatti. Il sentimento della base più dura e pura, quella veneta con capitale Treviso, si è palesato facendo persino marciare in strada i padroncini che per loro fisiologia hanno l’orticaria per le manifestazioni. Venerdì scorso, in testa proprio la Marcegaglia, hanno sfilato in un silenzio che pareva di funerale: il funerale prossimo venturo del berlusconismo. L’ottimismo della volontà, l’addossare alla stampa menagrama l’atmosfera di declino, il guardare sempre il bicchiere mezzo pieno, l’aggressività contro chi critica: l’armamentario retorico di Silvio non fa più breccia, anzi ha proprio stancato il mondo delle piccole e medie imprese. Lo ha detto bene un impresario edile, che la settimana scorsa ha marciato dopo non averlo più fatto dai tempi della scuola: «Al di là dei toni neutri e soft che sono stati usati dal palco, credo che sia un messaggio che mandiamo a chi ha gestito 8 degli ultimi 10 anni di governo! Ci erano state promesse moltissime cose e si è vista più attenzione alle vicende personali. La riforma della giustizia ci serviva, ma era davvero più necessaria di altre cose?». Ha scritto il sempre pronto Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, megafono dei poteri finanziari che vorrebbero scaricare l’anziano satiro quanto prima: «Si era presentato come l’uomo del “fare”. Paga il prezzo di ciò che non ha fatto» (28 maggio). Stasera vedremo come vanno a finire le amministrative. Di certo c’è che un eventuale aspirante interprete di questa Italia ex berlusconiana avrebbe praterie davanti a sé. Montezemolo, infatti, scalda i motori. E questa, anche per un anti-berlusconiano doc come il sottoscritto, non è una bella notizia. (a.m.)

P.S. Mi rallegro che sabato il più celere Corriere del Veneto e oggi il più lento Giornale di Vicenza abbiano ripreso pari pari il mio post di venerdì scorso sulle possibili ritorsioni ai danni dei tre consiglieri provinciali leghisti No Cis. Sarebbe stato cortese, però, che avessero citato la fonte. Ma ormai la cortesia non usa più.

domenica 29 maggio 2011

Talebani a Camisano

 
Piccolo esempio di quotidiana non-democrazia. Ieri si sarebbe dovuto svolgere a Camisano Vicentino lo "Spring of Metal Festival", un concerto di vari gruppi metal per la maggior parte locali. Il Comune, però, dopo aver dato mesi fa il via libera ha pensato bene di annullarlo appena una settimana prima facendo cantare uno strambo duetto alla giunta: il sindaco, Renzo Marangon, ha addotto non meglio precisati motivi di ordine pubblico; l'assessore alle politiche giovanili, tale Bruna Angela Sigola, ha agitato lo spauracchio di satanismo, necrofilia e altre scemenze e, non paga, in consiglio comunale se n'è uscita con un inqualificabile "se avessi un figlio che va a concerti metal, lo caccerei di casa", salvo poi smentire ma confermare la sostanza di un pregiudizio che dovrebbe essere solo affar suo.
Qui sta il punto: è mai possibile che in una società che si reputa civile e democratica un evento artistico debba essere cancellato d'imperio, fregandosene tra l'altro del lavoro degli (ingenui?) organizzatori, soltanto perchè un genere musicale è vittima di stereotipi vecchi di decenni (guardate il servizio tv nel video: è di ventitré anni fa!) e il suo pubblico visto con orrore del tutto ingiustificato? Siamo alla censura preventiva basata sull'ignoranza e sull'arbitrio. Cosa sono quei giovani (e meno giovani: i fan del rock e del metal contano fra le loro file anche padri e madri di famiglia): cittadini inferiori, di serie B, indegni di suonare e ascoltare quello che vogliono senza che nessun politico venga loro a dire qual è la musica permessa? Roba da Stato etico, da talebani. 
Poi è saltato fuori il consigliere comunale e provinciale Arrigo Abalti (Pdl), in questo caso nella veste di amministratore delle Terme di Recoaro, che ha lanciato la proposta di recuperare la kermesse nella località termale. Per sprovincializzarla e aprirla ai giovani. Una volta tanto la sua perenne caccia alla visibilità gli ha fatto fare un fioretto e gli diciamo "bravo!". Peccato che anche lì il Comune, di conserva con i commercianti, abbia immediatamente alzato le barricate. Già: se i camisanesi si sono tirati indietro, ciò costituisce un buon precedente per fare lo stesso. E' la vittoria della paura e del moralismo da quattro soldi.
Morale. A Camisano un gruppo di persone è stato privato del diritto di espressione sancito dall'articolo 21 della Costituzione. Questo è tutto. Ed è troppo. (a.m.)

sabato 28 maggio 2011

"Non ci rappresentano"


Anche se indignarsi non basta, anch’io sono un indignato. Ho 30 anni, non sono né di destra né di sinistra, ho capito che a monte di tutti i nostri problemi quotidiani c’è la finanza internazionale e sono tecnicamente povero. Perché oggi povero non è più il mendicante da marciapiede: è chi spende tutto quello ha per la pura sopravvivenza. La mia generazione ha il pane e un tetto garantito grazie alla famiglia, il vero ammortizzatore sociale dell’Occidente in declino. Altrimenti, noi vittime del precariato (sissignore: vittime, perché anche se tornassimo ai lavori manuali, il contratto usa-e-getta resterebbe comunque, con la sua logica irrazionale e alienante) saremmo in mezzo a una strada. In Spagna gli indignados in strada ci sono andati per protestare e ci si sono accampati perché là le famiglie sono meno protettive, e quindi meno castranti. In Italia il mammismo imperante fa da freno sociale e blocca la spinta psicologica a ribellarsi aggregandosi spontaneamente. Non facciamoci illusioni: l’insurrezione di Puerta del Sol, il primo movimento di massa davvero nuovo e interessante affacciatosi nella vecchia Europa, è una rivolta esistenziale, non politica. Per diventarlo manca il passaggio successivo: la presenza di un immaginario a cui ispirarsi, fondato su una teoria di riorganizzazione della società e affidato a una leadership riconosciuta. Ma almeno gli spagnoli hanno compiuto il primo passo (ascoltate Carlos nel video qui sopra, esprime il concetto-chiave: "non ci rappresentano", nè i politici nè tanto meno le banche e i grandi industriali). Noi italiani, invece, siamo qui a lamentarci e cincischiare, continuando a giocare ai rossi contro i neri. Ci manca la fame, quella vera. Agli spagnoli, messi anche peggio di noi, è venuta. Ecco perché da loro le piazze sono stracolme di ragazzi, che finalmente hanno detto basta alla truffa del sistema “democratico”. Democrazia reale, ora? Non ora, non ancora. Neanche domani. Ma il processo si è messo in moto e idee di vera rottura stanno circolando anche qui, nell’Italietta senza attributi. (a.m.)

venerdì 27 maggio 2011

Lega, puniti i tre consiglieri No Cis?

Lunedì prossimo, 30 maggio, si terrà il direttivo provinciale della Lega Nord vicentina. Convocato, a quanto pare, anche per gravi ragioni "disciplinari". E chi potrebbe esserne mai il bersaglio? Proviamo a indovinare: il trio Sbicego-Roman-Zanini, i consiglieri provinciali rei di aver fatto rischiare un coccolone a Titti Schneck, presidente padano del carrozzone Provincia. I tre leghisti, già vicini all'ex segretario Franco e ascrivibili all'area dei ribelli Lovat e Grande, hanno fatto penare non poco la giunta guidata dal proprio partito sul caso Cis, il mai nato centro logistico di Montebello sulla cui area si trova un vasto terreno del senatore Filippi, del Carroccio anche lui. Un imbarazzante conflitto d'interessi fra affari e politica che quel geniaccio malefico dell'onorevole Manuela Dal Lago, quando era sulla poltrona di Schneck, aveva ispirato, come ha ammesso candidamente lei stessa. Così dicendo, la perfida, ha definitivamente disarcionato il cavallo Filippi, già brocco di suo, oggi azzoppato. E magari adesso può usare la furia settaria della segretaria Maria Busetti per far passare da capri espiatori gli unici leghisti che a Palazzo Nievo hanno perseguito il bene pubblico, mettendo i bastoni fra le ruote all'incombente speculazione commerciale con eventuale centro Ikea sulla proprietà Filippi. Loro l'hanno fatto per fermare un'insensata colata lavica di cemento. L'astuta Manuelona, complice un certo Pdl (citofonare Abalti, please), grazie all'onestà della triade in camicia verde porta a casa un via libera a nuovi shopping center in zone "dismesse" sull'asse Vicenza-Gambellara. Proprio là dove, da quel che se ne sa, c'è un pezzo di terra, guarda caso dismessa, di qualche costruttore che lei potrebbe conoscere. Congetture? In questi anni, anche sul Cis si è andati avanti a forza di ipotesi. Alla fine la verità è venuta a galla. Speriamo di sbagliarci. Non ci sbagliamo, invece, sulle qualità diaboliche della Dal Lago, una spanna sopra a tutti i maldestri mestieranti che siedono (a spese nostre) in Provincia. (a.m.)

giovedì 26 maggio 2011

Quelli che non la bevono

Sopra ogni cosa amo i gesti inutili e gratuiti. Aprire un blog è uno di questi (un po’ meno, forse, a Vicenza, dove l’informazione in generale, e in particolare le opinioni senza padrone, sono merce clandestina).
Che tipo di blog sarà? Qualcuno ricorderà la fulminea e urticante rubrica di Indro Montanelli sulla prima pagina del Giornale: si chiamava “Controcorrente”. Volevo intitolare così questo spazio online. Poi ho pensato che sarei stato un bel presuntuoso, ad accostarmi anche solo nel nome a quelle magistrali pennellate di cianuro del grande Cilindro. Tuttavia, fatte le debite proporzioni l’idea è la medesima: scrivere ogni giorno, tempo libero permettendo, una pillola di pensiero non conformista. Ora, chi si proclama anti-conformista è di solito conforme e omologato, benchè magari sotto mentite spoglie. Starà a chi avrà la pazienza di leggermi giudicare a quale categoria appartengo.
Per iniziare, posso dire che nel mio piccolo mi rifaccio alla “Società degli Àpoti”, l’ideale unione di uomini liberi e senza pregiudizi vagheggiata da Giuseppe Prezzolini nel 1922, alla vigilia del liberticidio fascista. «Noi potremmo chiamarci la Congregazione degli Apoti, di "coloro che non le bevono"». In un paese, allora come adesso, dove le idee sono piegate all’interesse di fazione e la vita pubblica è troppo spesso malavita organizzata, Prezzo pensava che «vale più modificare lo spirito di dieci individui che una legge nuova».  Anch’io la penso così. E a lui, ateo incallito, spiritaccio anarchico e conservatore purosangue (tifare per il “progresso” è un atto di regresso, oggi come oggi), dedico il mio Asso di Picche.  (a.m.)