Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

giovedì 2 giugno 2011

Democrazia diretta. Ma col capestro

 
E bravo Variati. Folgorato all’improvviso sulla via di Damasco, il sindaco ha cambiato opinione: è giunta l’ora della democrazia diretta in Comune, ha solennemente annunciato ieri all’incontro di Più Democrazia, Movimento 5 Stelle, Sel, Vicenza Capoluogo e Unione Immigrati. Sarà mica lo stesso che nel maggio dell’anno scorso ha votato contro la richiesta della consigliere Bottene (No Dal Molin) di riesumare dall’oblio il “referendum sui referendum” del 2006, che in teoria dovrebbe essere stato discusso in consiglio comunale da un pezzo? Proprio lui, lo smemorato che oggi si schiera contro l’«indifferentismo» che ha fatto marcire in un cassetto i 10 mila sì all’introduzione di referendum vincolanti, abrogativi e propositivi, nello statuto comunale. Meglio tardi che mai.
Peccato solo che il neo-convertito Achille si sia convertito a modo suo. Cioè dando, com’è suo costume, un colpo al cerchio e uno alla botte. Da un lato sposa la tesi cardine del meccanismo referendario, non mettere alcun quorum (il quale scoraggia anziché favorire la partecipazione). Ma quello che esce dalla porta rientra dalla finestra, ed ecco che dall’altro lato propone la condizione capestro: un numero minimo di firme pari al 10% degli aventi diritto, che a Vicenza equivale a circa 8 mila cittadini. Un’enormità. E’ il solito, subdolo modo di mostrarsi aperto e accondiscendente ma contemporaneamente neutralizzare di fatto l’istanza concreta. Variati è un maestro in questo genere di intortamenti. Anche il suo fido Matteo Quero, con la testa alle primarie provinciali del Pd in autunno, si è fatto alfiere del tema e in una nota si dice favorevole a una soglia «alta» di firme, ma quanto meno ci ha spiegato a voce che pensa al 5%. Già meglio. Tuttavia facciamo notare che nelle realtà dove è applicata, la democrazia diretta si esercita a quota 2 o 3%. Questo non per sfornare un voto alla settimana, ma semplicemente per renderla praticabile.
C’è un risvolto divertente, però. Chi glielo dice ora a quei simpatici esponenti della maggioranza  di centrosinistra che vanno da chi ha conati di vomito (Poletto: «mi fa paura che siano i cittadini a decidere»), a chi non vuol sentirne manco parlare (Cicero: «la democrazia è come l’alcol, non bisogna abusarne»), a chi non è contrario ma la vuole inceppata da un quorum stratosferico (Formisano: «Io ho proposto di introdurre il quorum del 50% dell'elettorato attivo. Ma non  sono contrario ad un quorum al 30%»)? Bella rogna? Ma quando mai. La democrazia diretta, in bocca ai politici, è un slogan di sicuro effetto, ma di per sé tira pochi voti. Perché alla fine della fiera a lorsignori interessano solo questi, messi sotto vuoto attraverso la delega ai partiti. Insomma quelli che passano per la democrazia chiamata ancora, con grottesco senso dell’ironia, “rappresentativa”. In ogni caso, caro Achille, per ora ci accontentiamo del tuo segnale, certamente positivo anche se ambiguo. Meglio di niente. (a.m.)

1 commento:

  1. La sinistra italiana è così. Capirei la destra, ma la sinistra faccio più fatica. Su facebook, un tizio dell’entourage di Toni Negri (l’ho saputo dopo) mi ha detto che dopo tutto il “popolo” è una mera astrazione giuridica e che quindi esercita il suo potere delegandolo per intero ai governanti. Allora gli ho risposto «che ne dite voi dell’entourage di toni negri se modificassimo l’inno come segue: “avanti o mera astrazione giuridica – alla riscossa – bandiera rossa – bandiera rossa”. Metrica farraginosa, ma comunque bello»

    Mi ha risposto in modo piccato…

    (Giacomo Consalez, Milano)

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