Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

domenica 9 ottobre 2011

Prefazione a un libro mai uscito

Tre anni fa, quando lavoravo a VicenzaPiù, c’era l’idea di raccogliere in un libretto i pezzi migliori tratti da una rubrica che tenevo allora, “Carciofini sott’odio” (titolo in omaggio a Leo Longanesi). Non se ne fece nulla, ma qualche preparativo lo avevo impostato, e uno di essi era stato chiedere la prefazione a Matteo Rinaldi, direttore del primo giornale per cui ho scritto, il settimanale Vicenza Abc. Matteo poi la pubblicò sul suo blog personale, e oggi mi piace ripubblicarla sul mio. Civetteria, se volete. O anche un filo di nostalgia per quei giorni, dal 2003 al 2005 quando andavo all’università, e quella squadra (con lui c’erano Davide Lombardi, con cui amavo e amo litigare, Alessandro Mognon, giornalista coi fiocchi, e il grafico, matto come tutti i veri creativi, Ilario Toniello) grazie ai quali la passione per la scrittura è diventata realtà.
PS: Matteo si diverte sempre a dire che io ero di destra scrivendo sull’allora organo di stampa del centrosinistra vicentino. Per la verità non lo ero affatto, come non lo sono adesso. Simpatico tic mentale degli schierati. A Matteo lo perdonavo perchè a me lui perdonava tutto. 
PPS: dopo aver letto sotto, se c'è qualcuno, o meglio qualcuna preoccupata, don't worry: la mia virilità è salva. Anche perchè da McDonalds dovetti ingozzarmi "solo" 3 giorni, e non due settimane. Per fortuna. (a.m.)

Un cronista senza paura. E senza speranze
Alessio Mannino è entrato nella mia vita cinque anni fa con gli stessi baffi di oggi, la stessa pancetta e la stessa identica faccia da sberle. Si è presentato nella sede del giornale che dirigevo allora, Vicenza Abc, per chiedere lavoro.
Per nulla intimidito dalla sede (otto metri quadrati e una finestrella con le sbarre: praticamente la cella di una carcere) si è proposto con poche e sagge parole: “Vorrei scrivere per voi. Però ve lo dico subito: non sono mica di sinistra. Sono di destra io! Siccome a Vicenza non c’è un giornale di destra fatto bene, vengo da voi”.
Di cronisti ventenni ne arrivano tantissimi a chiedere lavoro nel giornali. Uno all’anno, talvolta due. Chi volete che sia così scemo oggi da sognare di fare il giornalista? Lo aspetta una carriera di umiliazioni, attese interminabili, stipendi ridicoli.
Alessio pareva ignorarlo e aveva l’entusiasmo che serve per lavorare sottopagato. Così lo abbiamo messo alla prova, commissionandogli un pezzo per la settimana successiva. Il giorno dopo è arrivato con un articolo che:
a) non c’entrava nulla con quanto stabilito. Segno che non aveva capito nulla, il che è normale;
b) non c’entrava nulla con il giornale. Segno che non ci aveva mai letto, il che è ancor più normale;
c) non c’entrava nulla con il giornalismo
Questo purtroppo non era normale. Era il segno che sapeva scrivere. Una pessima notizia se davvero voleva fare carriera in questo mestiere.
Lessi il pezzo con Davide Lombardi, allora mio braccio destro (oggi, rinsavito, ha creato e venduto a peso d’oro un apprezzato portale internet). “Questo sa scrivere” disse. “Già. Lo attendono grosse delusioni” conclusi  io, che da direttore avevo l’ultima parola.
Nei mesi seguenti ho cercato di limare i magnifici e inevitabili errori e orrori giornalistici di Alessio, non foss’altro perché mi ricordava tanto un altro giovane cronista di qualche anno fa, ancor più fanfarone e testa di legno: me stesso. Alessio però aveva un vantaggio: era più disponibile e più coraggioso. Al punto da non dire mai di no e lanciarsi senza paura nelle interviste più folli e nelle imprese più vergognose.
Alessio, vai a intervistare i picchiatori dei centri sociali travestito da berluscone. “Ok, vado”.
Alessio, dobbiamo dimostrare che le strade vicentine sono pericolosissime: vai a fare la tangenziale in skate board. “Ok, vado”.
Quando uscì Super Size me, film sul folle esperimento di un tizio che aveva vissuto nutrendosi da Mc Donalds per un mese intero (risultato: fisico in disfacimento, perdita della virilità, insonnia e altre piccolezze) chiedemmo ad Alessio di fare lo stesso. Però eravamo preoccupati: se stava male anche lui? Decidemmo di limitare l’esperimento a due settimane. 
Alessio seguì la mac-dieta, ingrassò, la raccontò sul giornale, si riempì di mac-brufoli, impallidì, ingiallì, perse totalmente la virilità e alla fine s’incazzo come una bestia. Non per la virilità perduta. S’incazzò perché quella vita gli piaceva e avrebbe voluto andare avanti altri tre mesi.
Oggi che i direttori lo mandano al massimo a prendere denunce e querele, Alessio ha deciso di raccogliere in un libretto i suoi corsivi di fuoco contro potenti, potentini, potentati e impotenti della nomenklatura vicentina. È convinto che finalmente lo leggeranno anche tutti quelli che si rifiutano di aprire Vicenza Più, il giornale per cui scrive.
Vendesse tante copie quanti i protagonisti citati, diventerebbe ricco. Purtroppo non ha alcuna possibilità: i vicentini sono bravissimi a far finta che tutto ciò che li disturba non esista. La sua unica salvezza sarebbe emigrare in una città più vitale oppure mettere la testa a posto, tagliarsi i baffi e diventare più serio, accomodante e produttivo. 
Un consiglio al potente intelligente che volesse accaparrarsi i suoi servigi: qust’uomo costa poco. Né auto di lusso né stipendi da portaborse. Una cena da Mc Donald con rutto libero e lo avete comprato per sempre.
Matteo Rinaldi

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