Il consigliere comunale Silvano Sgreva, dell’Italia dei Valori, mi fa presente quale sia di preciso la posizione del suo capo-partito, Antonio Di Pietro, sulle misure da attuare contro le violenze politiche di piazza. Potete leggerle qui, fra le notizie sul sito dell’IdV. In sostanza, nessun ripristino della legge Reale, che era roba da Stato di polizia, ma un inasprimento delle norme vigenti (pene aggravate, sospensione della condizionale e divieto delle attenuanti per chi ferisce un pubblico ufficiale durante le manifestazioni) e l’applicazione di un “Daspo” per gli elementi ritenuti pericolosi. Si deve prendere atto con soddisfazione che il richiamo alla legge speciale degli anni ’70 (che tra l’altro ottenne poco contro il ribellismo diffuso di quegli anni, cosa che dovrebbe far riflettere) è stato evidentemente uno scivolone dovuto ai cromosomi sbirreschi di Tonino, tuttavia l’ipotesi di prendere il divieto agli ultras del calcio di andare allo stadio, il Daspo appunto, e copiarlo per i “facinorosi” dei cortei, non mi convince per niente. La Corte costituzionale, è vero, con una sentenza del 2002 ha dichiarato legittimo il Daspo inquadrandolo fra le misure di prevenzione. Ma legittimo, cioè legalmente ammesso e previsto, non significa necessariamente giusto, ed è propriamente questo il legalitarismo da questurino che contesto ai dipietristi. Siccome la proibizione di cui si parla può scattare con una semplice denuncia, la realtà è che oggi, vista l’abnorme lunghezza dei processi della giustizia italiana, gli ultrà “diffidati” scontano per intero o gran parte la pena senza essere prima condannati. E questo compromette la fondamentale libertà di circolazione (articolo 16 della Costituzione). Adottato per le manifestazioni di carattere politico, questo fermo intacca diritti altrettanto fondamentali come quello di scendere in strada pacificamente e senz’armi (art.17) e di esprimere con ogni mezzo la propria opinione (art. 21). Dice: altro che in modo pacifico e disarmato, i teppisti di Roma erano squadristi organizzati dediti alla distruzione. Ma il punto da capire, e chi non lo capisce non vuole capire, è che non si possono violentare libertà che stanno alla base di una democrazia liberale, quale si presume sia la nostra, pur di individuare e punire chi commette reati già perseguiti nel codice. Alle forze dell’ordine, se sanno chi sono questi famigerati “black block”, e lo sanno perché dispongono di schedature e segnalazioni, non dovrebbe essere impossibile isolarli a priori (magari con l’aiuto di quelle anime belle dei promotori delle marce, che paiono sempre cascare dal pero). E se scoppiano disordini, carabinieri e poliziotti (non è chiaro cosa ci facesse in piazza la Guardia di Finanza: per proteggere le amate banche?), anziché caricare alla cieca, dovrebbero avere la minima accortezza di bloccare subito i primi focolai. Invece, sabato a Roma, alle prime avvisaglie, ai primi incendi di auto e vetrine, hanno lasciato fare: perché? Se poi a questo quadro di sospetta faciloneria si aggiunge la pazzesca proposta del ministro Maroni di far pagare una fideiussione preventiva a chi manifesta, come se la responsabilità non fosse personale ma da addebitare al gruppo e per giunta prima di fatti che non è detto si verifichino, la conclusione non può essere che una: la casta dei politici è interessata a fare la voce grossa per darsi un’immagine di forza di fronte ai benpensanti impauriti, ma così facendo attacca le fondamenta stesse dello stato democratico. Ridurre la questione del furore popolare, ancorchè minoritario e, lo ripeto, idiota, ad un problema di ordine pubblico è una sicura garanzia perché esso si ripeta e si moltiplichi. E finchè avrà la forma di violenza una tantum di bande giovanili, non destabilizzerà alcunché (anzi farà il gioco dei guardiani dell’ordine). Se però acquisisse una massa critica tale che, combinandosi con il superamento della soglia di umana sopportazione, dovesse fornire truppe ad una rivolta vera e propria, allora tutti questi ragionamenti da commissari di polizia diventerebbero l’equivalente di scavarsi la fossa da soli. A proposito: quand’è che i lavoratori in uniforme, sfruttati e messi contro la popolazione, diranno basta? (a.m.)
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