Nella rubrica delle lettere sul Giornale di Vicenza di oggi ce n’è una che sfata in un colpo solo tante leggende metropolitane su certa prostituzione, nello specifico quella rumena, cosa che a mia memoria non è mai riuscita a fare nessuna inchiesta giornalistica, per lo meno nella mia città. E’ anche un’autocritica, s’intende. In gergo, per fornire le informazioni che elenca con dovizia il lettore, per ovvie ragioni rimasto anonimo, occorrerebbe recuperare quel genere di reportage che è l’inside story: fingersi in questo caso cliente di una bella di notte, entrarci in confidenza come ha fatto lui e farsi raccontare dal di dentro come stanno davvero le cose. E’ quel tipo di indagine sul campo di cui in Italia è maestro Fabrizio Gatti dell’Espresso (famosi i suoi efficacissimi travestimenti da vittima del caporalato in Puglia o dipendente di fatiscenti Asl, per citarne due).
L’“inviato”, che si qualifica come uno che ha «frequentato per un periodo una sola prostituta. G., una ragazza rumena di 24 anni che lavora a Vicenza da 3 anni», mette in fila i fatti che svelano una realtà diversa dai luoghi comuni sul sesso a pagamento. Non è vero, tanto per cominciare, che le donne siano tutte invariabilmente sfruttate da papponi schiavisti: «Per la quasi totalità delle prostitute di Vicenza si tratta di una libera scelta di vita effettuata da giovani donne con il miraggio del denaro facile». Voglio far soldi, e tanti, per fare la bella vita: «Auto, vestiti, gioielli, vacanze in hotel di lusso». Non è vero che i gruzzoli guadagnati vengano spediti come rimesse nel paese d’origine: «è una balla per impietosire il cliente e spillargli più soldi». Naturalmente, ma questo è il segreto di Pulcinella, le ragazze illudono ogni cliente facendogli credere di essere il loro preferito così da spremerlo per bene, ben oltre la tariffa per il “servizio”. Si fanno pagare, dai gonzi che ci cascano, «anche le spese di affitto, traffico telefonico e per farsi regalare vestiti, telefoni, gioielli e passaggi in auto». Secondo il nostro “esperto”, ci sarebbero casi patetici di «cinquantenni o addirittura settantenni che hanno perso completamente la testa». Questo sfruttamento della prostituzione al contrario, deriva dal concetto che le rumene hanno dei maschi italiani: «“donne vestite da uomo”, mosci e mammoni». Dei coglioni. Le giovani, furbe come serpenti, spesso fidanzate o addirittura sposate con uomini del loro paese (loro sì veri uomini, nella loro mentalità), mettono in giro «la storiella dell'uomo rumeno violento che beve e picchia» sempre per far scucire più euro agli italiani creduloni. Nella loro cultura, si badi, «è la donna che mantiene l'uomo, non viceversa». E poi le multe, che invano le amministrazioni comunali cercano di comminare attraverso ordinanze assolutamente inutili: «loro non le pagano. Mai. … Sanno benissimo che nessuno si preoccuperà mai di controllare e riscuotere. E se anche qualcuno controllasse, nel loro conto corrente troverebbe poca cosa. Il grosso è ben nascosto in casa». Il business della sua amica speciale, che nella lettera poi chiama Giulia, «varia, a seconda della stagione, da 5.000 a 8.000 euro al mese», extra esclusi. Lei e le sue colleghe vivono di norma in appartamenti con regolari affitti da cui non possono essere sfrattate (ma l’autore si dimentica che l’affittuario, almeno sulla carta, può essere accusato di favoreggiamento), la sua clientela include l’intero spettro sociale cittadino, dall’operaio al bancario, dal politico al militare americano fino ai disabili. Ma questo si sapeva. Conclusione del nostro: «sono convinto che l'ordinanza emessa dal vostro sindaco non servirà a molto. Per qualche tempo può darsi che le ragazze si spostino in zone meno frequentate. … Se verranno multate non pagheranno. Nessuno le manderà più via e loro si faranno, assieme ai loro clienti, una grossa risata». Non so se la versione dell’Anonimo Cliente sia rispondente in tutto e per tutto alla verità, bisognerebbe verificare. Ma sicuramente è vero quanto dice alla fine. Quando ci si deciderà, in questo ipocrita paese di immacolati puttanieri, a regolamentare il mestiere più antico del mondo, invece di ascoltare soltanto i preti e le tardo-femministe? Magari anche, perché no?, istituendo una corsia preferenziale per le nostre patriottiche professioniste del ramo anziché pagare macchinoni e champagne ai maritini della Romania. (a.m.)
Nessun commento:
Posta un commento