Forse mi sono distratto, ma a me non pare di aver letto sulla stampa locale ciò che ho letto su quella nazionale a proposito dei possibili imitatori vicentini della Fiat di Sergio Marchionne. Se un industriale di queste contrade minaccia di uscire dalla sua associazione di categoria per le stesse ragioni del manager italo-svizzero, questa è una notizia. Ripeto: magari mi sarà sfuggito, però è certo che le dichiarazioni di un Masello rilasciate al Foglio, per esempio, avrebbero meritato ben altro risalto. «Sto pensando di ritirare la Margraf, una delle dieci aziende del gruppo (altre quattro hanno già fatto il gran passo, da quattro anni). Oramai Confindustria è diventato un gruppo di interessi che serve per trovare cadreghe nei cda di società e banche». A dirlo non è stato un pinco pallo qualsiasi, ma l’ex vicepresidente degli imprenditori di Vicenza, la terza confederazione industriale del paese. Idem Alberto Zamperla, il re delle giostre internazionali con quartier generale nel Vicentino: «Anche io se non vedo cambiamenti potrei uscire». Ieri, sul Corriere del Veneto, è uscita un’intervista ad Alessandro Riello, già a capo della sezione confindustriale veronese, che sostiene lo stesso concetto, ma lui se n’era andato già un anno e mezzo fa. Sempre sul quotidiano diretto da Ferrara, l’ad del gruppo Morellato, Franco Morellato, che pure è, o era, fan della Marcegaglia (nonché, non dimentichiamolo, ex candidato per la Regione Veneto col centrosinistra) sembra seguire la vox populi: «Se la Confindustria, che è un carrozzone, coincide con i tuoi interessi, ci stai dentro, altrimenti no. E' giusto che Confindustria si batta per stabilire delle regole, ma se non lo fa, allora le imprese fanno prima a superarle».
Si capisce, allora, che il presidente di Assindustria berica, Roberto Zuccato, abbia preso una posizione netta a favore di Emma Marcegaglia e dell’attuale vertice del sindacato imprenditoriale: ha voluto esprimere la linea di Vicenza confermando l’appoggio a quella nazionale, tendente al compromesso con la Cgil. Viva Emma, no a Sergio, insomma. E soprattutto: altolà ad un’eventuale emorragia di scontenti e delusi della base. Si prepara la guerra per il nuovo presidente dei “padroni” a Roma, e sullo scacchiere territoriale le truppe si posizionano. Al di là del merito su contratti, articolo 8 e rapporti capitale-lavoro, Confindustria dovrebbe darsi una profonda rinnovata. Perché anche fra i capitani d’industria, così logorroici quando si tratta di accusare il teatrino della politica, le faide di potere ci sono eccome. E vengono silenziate sugli organi di informazione di cui sono proprietari. (a.m.)
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