Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

martedì 18 ottobre 2011

Di Pietro, un questurino invotabile

E’ stato l’uomo-simbolo di Mani Pulite, opera di pulizia che ci voleva, anche se rimasta incompleta e avvolta nel mistero della toga a un certo punto dismessa forse perché si stava andando troppo in là nelle indagini. E’ senz’altro un ferreo antiberlusconiano, come lo è chiunque abbia un minimo rispetto di sé, della propria dignità di cittadino e del principio di uguaglianza di fronte alla legge. E’anche simpaticamente  popolano, anziché algido e fumoso come il politicante medio che arzigogola i discorsi per non farsi capire. E sarà pure alieno dalle vuotaggini melense della sinistra “narrativa” alla Vendola o dal vuoto totale della sinistra light di Bersani. Sarà quel che è, ma Antonio Di Pietro resta sempre uno sbirro, per il quale la legalità è sinonimo di ottuso legalitarismo (e non dimentichiamo gli altri aspetti: è pro-Tav, è stato a favore del Dal Molin Usa, da ministro con Prodi voleva asfaltare mezza Italia, e in politica economica e sociale fa il cerchiobottista, un giorno strizzando l’occhio alla Fiom e l’altro plaudendo Draghi, la Marcegaglia e compagnia sfruttante). Io già non mi presto alla farsa dell’urna, figuriamoci se voterei mai un questurino che propone di riesumare la legge Reale del 1975, una misura repressiva che consentiva alle forze di polizia di fermare per 96 ore qualunque “sospetto” e di usare le armi per respingere violenze di piazza, come quelle di sabato scorso a Roma. Il ministro degli Interni, Bobo Maroni, ha preso la palla al balzo e ha fatto propria l’infame idea di Tonino: una bella legge che dia un giro di vite autoritario è quel che ci vuole per agitare in eterno lo spauracchio del teppismo politico e incutere un sano terrore nei futuri promotori di qualsiasi manifestazione. E magari anche per farne un pratico uso, chiudendo in commissariato elementi sgraditi alla vigilia di grandi eventi pubblici. Come sotto il fascismo, quando veniva in visita il Duce o un altro alto esponente di regime e gli antifascisti lasciati in libertà venivano preventivamente prelevati e tenuti una notte in guardina. Non vorremmo mai, però, che fosse applicata anche la seconda parte, cioè gli spari sulla folla stile Bava Beccaris. Non saranno così arroganti e autolesionisti, i gerarchi della presunta democrazia. Altrimenti sì che si meriterebbero non 500, ma 500 mila rivoltosi neri di rabbia che assaltano il palazzo. Anche i rivoluzionari davanti a Versailles erano considerati teppa da schiacciare. Finì come sappiamo: con la testa del re tagliata sul patibolo. (a.m.)

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