Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

domenica 6 novembre 2011

I farisei e la Chiesa anti-banche

Questo post è dedicato ai benpensanti, alle finte vergini, ai vili di spirito, ai conformisti, ai pecorai del provincialismo intellettuale e giornalistico, in special modo vicentino. Ieri, sul Corriere del Veneto, autorevole quanto lo è, per definizione, la sua testata-madre Corriere della Sera, è apparso un fondo a firma di Massimiliano Melilli che mi pare oltremodo significativo. Parla delle recenti prese di posizione fortemente critiche del mondo finanziario da parte di alcuni sacerdoti veneti, e le fa sue. In prima pagina, nel posto principe di un giornale: l’editoriale. Vorrà pure dire qualcosa o no? Forse – lo dico sempre a quei farisei che si scandalizzano facilmente – certe idee non sono soltanto patrimonio di qualche borderline, eretico o estremista. Per capirlo, basta riflettere riscoprendo di avere ancora un po’ di spirito. Dopotutto, non di solo euro vive l’uomo. E se tornasse a predicare la sua buona novella Gesù, saprebbe benissimo chi sono i mercanti da cacciare a frustate dal tempio. (a.m.)

Per chi suona la campana
Eravamo abituati al suono delle campane a morto o a festa. Da oggi dovremo fare i conti anche con le campane anti Borsa, come segno di protesta «contro lo strapotere della finanza internazionale». Il Paese brucia e la chiesa di periferia si ribella. La singolare iniziativa è di don Giovanni Kirschner, parroco a Sant'Andrà, nel trevigiano. Campane a tutto spiano dal lunedì al venerdì tranne sabato e domenica, giornata di chiusura delle piazze d'affari. Chissà cosa penserebbe oggi Hemingway di questo sacerdote che dichiara guerra alle alte sfere della finanza neoliberista. Non tutti sanno che dietro il titolo di uno dei romanzi più famosi di Ernest, «Per chi suona la campana», si cela un retroscena che fa il paio con il gesto di don Giovanni. Quel titolo di romanzo è ricavato da un avvincente sermone di John Donne: nessun uomo è un'isola, cioè può considerarsi indipendente dal resto dell'umanità e rispetto alle leggi del sistema economico. «E allora, non chiedere per chi suona la campana - tuonò Donne - essa suona per te». Dal suono della campanella che segna l'avvio delle contrattazioni nelle principali Borse del mondo, al ritmo delle campane di Sant'Andrà, il cui din-don ci manda un segnale nuovo, di rottura, che si fa etica dell'economia. L'esercito degli indignados trova consensi anche in chi vuole rappresentare la chiesa di popolo. Come don Giovanni che denuncia senza fronzoli la deriva dei mercati, da Occidente a Oriente: «Ci
uniamo alle richieste di quanti in tutto il mondo chiedono di porre delle regole per controllare il sistema che in nome della libertà di mercato lascia in mano a pochi ricchi la possibilità di decidere sull'economia e quindi sulla vita della gente». Sembrano parole prese a prestito dai teorici del movimento no-global: Walden Bello, José Bove, Serge Latouche. Non è così. Perché prassi e metodi di don Giovanni offrono spunti che evocano Gesù e la sua condotta, il Vangelo (Matteo), il ruolo della chiesa di oggi in uno scenario di crisi. La protesta di questo prete vuole farci riflettere su una dicotomia che ci sta stritolando. La nostra attenzione è rivolta agli indici delle Borse ma non poniamo la giusta considerazione ai livelli d'ingiustizia sociale che sconvolgono anche molti accanto a noi. Sentire che nel Down Jones, nel Nasdaq, nel Mibtel o nel Nikkey, si trovino i parametri per capire se abbiamo o no un futuro, rendersi conto che «santuari finanziari» come la Banca Centrale, il Fondo Monetario o l'Organizzazione mondiale del Commercio hanno in mano le chiavi delle nostre vite Ecco il richiamo al Vangelo. Gesù in risposta alla provocazione sul pagamento delle tasse ai Romani tira fuori la sentenza che ha fatto epoca: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio». Gesù che scaccia i mercati dal tempio è la metafora del prete indignados di Sant'Andrà che vuole sfrattare gli «speculatori moderni». Ha ragione don Giovanni. E parafrasando
il senso del suo gesto, deduciamo che anche in questo Veneto, siamo fin troppo concentrati su quello che riguarda Cesare mentre ciò che si riferisce a Dio pare preoccuparci molto meno. Dal curato di campagna di Bernanos al prete bello di Parise a monsignor Marcinkus al centro dei noti scandali della banca vaticana, la figura del sacerdote, ha attraversato storia e storie nei marosi della chiesa, tra invenzione letteraria e verità di cronaca. Ma ora con don Giovanni e le sue campane anti Borsa, si apre un capitolo nuovo. Parte proprio da un Veneto dalle forti radici cattoliche, storicamente laboratorio di idee, una sfida che dal basso può raggiungere l'alto. Senza scomodare Maritain e il catto-comunismo, con la voce di don Giovanni Kirschner pare di ascoltare quel il grido dei pacifisti in corteo a Cannes: «Prima il popolo, poi la finanza».
Massimiliano Melilli
Il Corriere del Veneto 5 novembre 2011

8 commenti:

  1. Sulla carta la Chiesa è sempre stata contraria al liberismo, il problema è la pratica sostenuta dalle alte sfere vaticane (lungi da me comunque accusare la Chiesa di ogni male, anzi si tratta di un ormai ex potere forte).

    Io mi auguro, da credente e da antagonista al tempo stesso, che si formino comunità ecclesiastiche di base sul modello di quelle latino americane della Teologia della Liberazione con uno specifico richiamo all'anticristianità di questa finanza.

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  2. Caro Simone,
    tu proponi quella che nel gergo tecnico ecclesiastico si chiama eresia. Tale, infatti, è stata definita dall'attuale papa Ratzinger, quand'era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, la marxisteggiante Teologia della Liberazione. Io, da non cristiano, non mi immischio nelle faccende interne della Chiesa. Tuttavia, da semplice conoscitore del messaggio evangelico e della tradizione cattolica quale sono, mi limito a segnalare ciò che secondo me è colpevolmente rimosso o rinnegato dai cosiddetti cristiani. Sul fatto che la Chiesa non sia più un potere forte, però, avremmo di che discutere. Io non lo penso affatto. Lo è certamente molto meno di un tempo sul piano dell'egemonia culturale, ma non su quello dell'influenza politica e anche economica.

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  3. la teologia della liberazione impaurisce la chiesa ufficiale perchè dimostra la non onnipotenza di Dio
    In Brasile non hanno il vaticano qui da noi il vaticano impera sovrano e la chiesa affianca il potere. Qui a Vicenza ne abbiamo avuto un buon esempio....

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  4. Ma per piacere!!! La Chiesa è Una Cattolica e Apostolica. In Brasile, in Italia, in ogni parte del mondo. Ma mi sa che la maggior parte di coloro che parlano di Chiesa hanno fatto gli studi teologici ed ecclesiologici al bar. La Teologia della Liberazione era un'eresia. Non è neanche difficile da capire. Basta leggere il dispositivo di condanna: ineccepibile per chi crede in Gesù come Cristo. Certo, se invece credi a una chiesa come istituzione umana, una specie di onlus da riformare in senso democratico, o a un gruppo di interessi iniziatico, anziché al Corpo di Cristo inabitato dallo Spirito Santo che è Signore e dà la vita... allora è normale odiare il Papa di turno, evocare antipapi apostati paracomunisti col parkinson, rinnegare il Vangelo e la nettezza delle parole contenute e modulare una pseudoreligione fai-da-te. "Non prevalebunt", comunque! - Niente da eccepire sull'articolo, invece.

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  5. @ Alessio

    Ratzinger si sbagliava.
    Se il Cristo fosse qui con noi nel suo secondo avvento lo vedresti più a suo agio coi teologi della Liberazione o con la porpora vaticana...?
    E credi che darebbe spazio a fantasiosi "capitalismi etici"?
    Umilmente, io credo di no.

    Al signor anonimo dico che non solo non ho studiato teologia al bar, ma non l'ho studiata proprio, mi limito a leggere la Bibbia e a frequentare un modesto catechismo.
    Purtroppo il pensiero religioso è filtrato da quello umano e così è per la selezione dei testi biblici ed evangelici (Nicea docet.
    I teologi vaticani sono uomini dotti ma pur sempre uomini a loro volta formatisi su altri uomini che possono aver sbagliato (magari volontariamente per plasmare il credo nel proprio interesse). Ergo, senza eccedere nel relativismo, anche il vaticano potrebbe non avere il pieno possesso nel pensiero di Gesù.

    Sei mai stato in America Latina?
    Io sì e mia moglia ci è nata e vissuta a lungo.
    Penso di poter dire sfidando la scomunica che se Gesù tornasse domani per il Secondo Avvento pure lui prenderebbe mitra e manganello e si darebbe il suo bel da fare accanto ai bravi e coraggiosi religiosi latinoamericani.

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  6. Oh poveri noi! Proprio quello volevano gli Zeloti! Proprio questa è l'eresia della Teologia della Liberazione! Il Cristianesimo non è una prassi sociale, un modello economico, un'utopia politica. E' adesione all'amore di Cristo-Messia (sinonimi greco-ebraico) che salva non riscattando il potere di Cesare, ma dando certezza del trionfo dell'Amore sulla dannazione del Peccato. Questa è il significato del sacrificio della croce, dell'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia. Ma che cristianesimo è quello di Sobrino e Boff, se non un marxismo mascherato? Questa è idolatria del potere di Satana, non umile offerta di carità. Le ingiustizie del mondo ci saranno sempre, ma il sacrificio di Cristo è per tutti una speranza. "Il mio regno non è di questo mondo..." Ratzinger non sbagliava, né sbaglia ora. La Chiesa è il Corpo di Cristo e, se molti uomini peccano, tutta insieme è infallibile in materia di fede. Senza questo credo, è finito il cristianesimo. Che all'infamia del mondo risponde con la carità....

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  7. E alla prima domanda: senz'altro con la porpora vaticana del vicario di Pietro. Non con gli Zeloti amici di Giuda.

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  8. ha ragione Simone i teologi dell TDL portano avanti il vero messaggio evangelico di Gesù. Quelli della "porpora" invece hanno preso il potere e portano avanti il contrario di quello che secondo i credenti diceva Gesù. Su Pietro si doveva formare la chiesa e sull'uomo non sul cemento

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