Un po’ stupisce la reazione piccata di Roberto Zuccato, capo di Confindustria vicentina, alla presunta esclusione della sua e delle altre associazioni imprenditoriali al consiglio comunale di ieri dedicato al problema del lavoro che non c’è, in cui sono stati invitati a parlare i tre sindacati della Triplice. Un po’ perchè, essendo il lavoro il tema prescelto, è legittimo scegliere di dare un taglio incentrato sui lavoratori e quindi sui sindacati; un po’ perché fare il lagnoso non è da Zuccato, uno dei pochi a tenersi a distanza di sicurezza dal pollaio delle dichiarazioni superflue.
Ma al di là della polemica poco opportuna ma tutto sommato poco interessante, ci ha fatto riflettere la replica venuta dall’aula per bocca di Gigi Poletto: «lo scorso anno, sul tema della crisi, era stata invitata la Camera di commercio, in rappresentanza del mondo delle imprese». Ora, sinceramente: sarò limitato io, ma non ho davvero mai capito quale sia la reale utilità di una Camera di Commercio. Leggo dal testo della Legge 29 dicembre 1993, n. 580 (poi aggiornata dal Decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23): le Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura sono "enti pubblici che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese nell'ambito delle economie locali" e le sue funzioni coprono un ventaglio di attività che vanno dalla registrazione delle aziende al monitoraggio dei dati ad un non meglio specificato sostegno allo sviluppo. In pratica, un database provinciale a scopo amministrativo e al massimo promozionale. Tutto qui? Tutto qui. L'altro ieri però il presidente dell’ente camerale di Vicenza, Vittorio Mincato, ci informava che dei 20 milioni di euro annui che riceve dagli 80 mila imprenditori berici, solo 7 rimangono disponibili per interventi a favore dell’economia (il resto va tutto in spese di funzionamento e finanziamenti agli organismi regionali e nazionali).
Non ci pare proprio che questo contributo possa essere di reale aiuto né lo sia stato in passato, almeno da dieci anni a questa parte. Siccome sono enti pubblici (nonostante a sborsare i quattrini siano i privati), perché non pensare a un bel taglio drastico anche qui? Non ci sono solo le comunità montane a strapiombo sul mare e il conto del ristorante di Montecitorio, tra i costi della casta. A rappresentare gli interessi dell’imprenditoria sono certamente sufficienti Confindustria, Apindustria, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Coldiretti eccetera eccetera. Le Camere come le prefetture: inutili carrozzoni che hanno fatto il loro tempo. (a.m.)
Nessun commento:
Posta un commento