Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

mercoledì 2 novembre 2011

Alluvione, memoria e comunità

Ieri sera non più di trecento vicentini (mille, secondo il GdV, lungo tutta la giornata celebrativa) si sono riuniti in piazza Matteotti per commemorare l’alluvione che esattamente un anno fa faceva sprofondare nelle acque fiumane zone importanti del centro storico di Vicenza, come Trastevere, Santa Lucia e San Marco (oltre alle esondazioni in provincia, in particolare a Cresole di Caldogno dove c’è stato anche il morto). Davanti al palco, sul quale un telone mostrava immagini di quei giorni di fango e paura, c’erano troppe poche persone. I critici hanno sostenuto che è di cattivo gusto “festeggiare” una ricorrenza intrisa di brutti ricordi. Non sono affatto d’accordo. Le comunità popolari si cementano in primo luogo nell’officiare la memoria di avvenimenti luttuosi o dolorosi. Da sempre, onorare come sacre le date nevralgiche di una guerra, di un sacrificio particolarmente eroico o di un atto assurto ad esempio civile è una pratica delle comunità di popolo. Incapace di comprendere questa necessità è la forma mentis dell’uomo moderno, che non sa più fare i conti con la fatalità tragica dell’esistenza e non sa concepire i raduni collettivi se non come occasioni di finta e untuosa allegria.
Di qui l’equivoco della “festa”. Ché poi in un altro senso c’era anche da festeggiare, e giustamente. Era giusto, infatti, esporre l’orgoglio per lo spirito di solidarietà, spontaneo e immediato, scattato da parte di volontari puri, non inquadrati nella pur generosa Protezione Civile, soprattutto giovani e pure qualche extracomunitario. Se da ogni male nasce un bene, da quel disastroso allagamento è emerso il lato più umano e civico dei cittadini di Vicenza. Almeno di una sua minoranza, perché, come sempre, sono le minoranze a riscattare la viltà e la pigrizia delle maggioranze. Ed è tipicamente nelle difficoltà, in particolare in Italia, che esce fuori il senso di umanità e di appartenenza.
Perciò, per dimostrare che un sia pur blando e residuale sentimento comunitario ancora resiste in una città di provincia come la nostra, ricordare l’infausto giorno dell’alluvione era una cosa che andava fatta. E questo al netto della (vergognosa) farraginosità e insufficienza dei rimborsi. Ma pare che siano pochi i miei concittadini a sentire quest’esigenza di comunità. Per non parlare della gran parte degli stessi consiglieri comunali, di destra e di sinistra, e degli esponenti del mondo economico, allora così pietosi e affranti, che ieri sera non si sono fatti vedere. Sarò un nostalgico, ma il mio sogno è vedere un popolo stringersi attorno ad una tradizione, a miti, riti e simboli che facciano sentire l’individuo parte di un destino. Questo nostro arido Stato liberale, agnostico e disgregatore di ogni comunitarismo, lo rende impossibile. Tuttavia, dal basso, in piccolo, qualcosa si può fare, per far sopravvivere un barlume di senso di comunità. Curioso, quasi un’eterogenesi dei fini, che organizzatore della serata di ieri, fra discorsi ufficiali, assegnazioni di medaglie, musica e recitazione, sia stato proprio un liberale, Matteo Quero. Più terra terra, era l’unico in grado di mettere in piedi il tutto. Chissà cosa ne pensa l’assessore alla cultura Francesca Lazzari. A proposito: a parte, naturalmente, il sindaco e l’assessore competente Pierangelo Cangini, dei membri della giunta ho visto solo John Giuliari. E gli altri? (a.m.)

5 commenti:

  1. Durante la serata, oltre a quelli citati ho visto personalmente anche gli assessori Lago, Ruggeri e Tosetto, il consigliere comunale Serafin. Questi quelli che casualmente ho visto oltre ai già citati nell'articolo, ma senza cercarli tra la folla che ha partecipato alla serata.

    RispondiElimina
  2. C'erano anche Rolando (pres. Ipab) e il consigliere Colombara, nonchè il presidente Aim, Colla. Bene per i tre assessori, che non avevo visto. Però quel che voglio dire è tali cerimonie dovrebbero vedere una partecipazione corale, di massa, a partire da tutti i rappresentanti delle istituzioni. Una piccola, ma significativa, dimostrazione in più del fatto che queste nostre istituzioni meritano solo sfiducia, e il popolo non ha alcuna chance di salvezza se non nel risorgere come comunità.

    RispondiElimina
  3. C'era molta più gente a Cresole, almeno 500 persone, forse perché in un piccolo paese esiste ancora quel sentimento di comunità scomparso nella Gesellschaft vicentina (per dirla alla Tönnies)

    RispondiElimina
  4. Forse non si è capita l'importanza dell'appuntamento, come invece spieghi molto bene tu in questo articolo. Domani sera assemblea all'odeo dell'Olimpico.

    RispondiElimina
  5. Forse Luca Bassanese non è il miglior cantante di questo mondo.. ;)

    RispondiElimina