Lo stupro e il tentato suicidio delle due ragazzine vicentine “emo” ha fatto commentare allo psicologo Nicola Michieletto, intervistato oggi dal Giornale di Vicenza, che la loro subcultura giovanile è caratterizzata dal «tentativo di azzerare le diversità» a cominciare dal look: «quando li vediamo spesso fatichiamo a capire se si tratta di un maschio o di una femmina». L’osservazione centra la caratteristica principale dell’ultima arrivata fra le mode dei giovani (nel caso degli emo, giovanissimi, già a vent’anni fortunatamente dismettono i panni del tormentato asociale e androgino): l’indistinzione, sessuale e psicologica, e la conseguente chiusura nell’io individuale. Piccoli narcisi, basta vedere come si agghindano, fra ciuffi curatissimi e vestitini studiati al dettaglio, usando e abusando maniacalmente delle vetrine personali sui social network.
Fino ad appena dieci o vent’anni fa, le tribù dei giovani erano un’altra cosa. Un rocker mezzo teppista coltivava certe regole mutuate dalla delinquenza di strada e aveva una sua idea dell’onore, dell’amicizia, doveva saper difendersi, in casa aveva i dischi di gente, Chuck Berry, Johnny Cash, Jerry Lee Lewis, che sapeva suonare, non come certe checche anoressiche di oggi che suonano robetta insignificante (l’emo, appunto, nipote degenere del punk che invece sputava dal palco una sana carica rabbiosa). I teddy boys e i bikers, i mods e i capelloni nella Swinging London, gli hippie, i punk, i metallari, gli hardcore, i dark, fino ai neri newyorkesi del rap e dell’hip hop, hanno formulato tutti bene o male un proprio codice di vita. Discutibile e innocuo finchè si vuole, ma ce l’avevano. Oggi cosa c’è, invece, con gli emo? Non c’è ribellione di gruppo, vitale per quanto nichilistica, anti-sociale per quanto effimera. C’è solo l’a-socialità, rimirarsi allo specchio, conciarsi tutti uguali, drogarsi tanto per provare. Con le future donne che si comportano esattamente come i maschi, prive di quel falso, splendido pudore che le metteva al riparo dagli eccessi più pericolosi riservati ai ragazzi. Emofiliaci dell’istinto, senza palle i maschietti, senza femminilità le femmine (e con genitori peggiori di loro). La punta dell’iceberg del vuoto esistenziale di massa. (a.m.)
bell articolo.. e tristemente questo discorso si può fare su altri, al di là degli emo. Lo dico sempre.. la mia è una generazione di morti.
RispondiEliminaA quest'articolo manca solo la frase "e poi ai miei tempi saltavamo i fossi per lungo", poi c'era tutto. Andropausa in arrivo?
RispondiEliminaFammi capire, Mannino: se una subcultura non ha i tratti del maschilismo più becero non è da prendere in considerazione?
RispondiEliminaE poi che memoria corta che hai. Ti sei scordato l'androginia del glam anni 70 o del goth anni 80? Ma fammi il piacere va..
Anonimo, non è colpa mia se va sempre peggio. Elisabeth: è vero, hai ragione, c'era anche il glam, che puntava sull'ambiguità sessuale. Ma a parte che ha sfornato signori musicisti e signori gruppi (quelli emo, insisto, sono poltiglia, e al netto dei gusti personali), il fatto è che faceva parte di una contestazione sfrontata, stradaiola, da parte di gente che viveva ai margini. Non erano ragazzini o ragazzine di buona famiglia che giocavano a fare i drogati. La differenza fra gli ambigui di allora e quelli di oggi, inoltre, è che allora si andava contro una società che era ancora, in superficie, maschilista e repressiva. La società di oggi, invece, ha sdoganato, almeno a livello di immaginario mainstream, l'omosessualità e la promiscuità, e quindi fare gli androgini, adesso, non è controcorrente proprio per nulla.
RispondiEliminasenti mannino tu proprio non hai niente da replicare sugli emo perchè se hanno scelto un modo di vivere sono liberi di metterlo in pratica come vogliono. Pensa a te prima di polemizzare sugli altri. Almeno loro cel'hanno uno stile e una filosofia di vita, tu niente perchè stai ancora ai gruppi di vent'anni fa.
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