«L’arrivo dell’Fmi in Islanda come è noto fu accolto in maniera estremamente fredda da gran parte della popolazione, convinta che il Fmi avrebbe chiuso l’Islanda in uno stato di permanente debito». Con questa premessa la premier islandese Johanna Siguroardottir ha annunciato l’uscita del suo paese dal Fondo Monetario Internazionale. Parole pacate per spiegare una scelta dura e coraggiosa: liberarsi dalla morsa dei pelosi “aiuti”, dei rapinosi “piani di aggiustamento” e delle intrusive “raccomandazioni” con cui il centro di potere sovranazionale ricatta ed espropria le economie, e di conseguenza la vita, di interi popoli. A nulla sono valsi gli spauracchi di bancarotta e le minacce di sanzioni: la piccola e fiera Islanda, dopo aver rispedito al mittente tre anni di aut aut e aver messo alla sbarra i politici e i banchieri colpevoli del crack, mentre sta riscrivendo la sua Costituzione, è entrata nella Storia compiendo un passo finora impensabile, inconcepibile per le classi dirigenti mondiali. Da ora in avanti riconquistare la propria sovranità nazionale non è più un tabù. Per arrivare allo sganciamento finale è stato fatto un determinato percorso economico e politico: proteste e nuove elezioni che hanno portato al governo ritenuto responsabile, nazionalizzate le maggiori banche, chiesto prestiti alla Russia e all’Argentina, indetto ben due referendum che hanno decretato il ripudio del debito con le banche estere e un rifiuto di massa a politiche di tagli e privatizzazioni, varata un’Assemblea Costituente. In più bisogna mettere in conto le peculiari condizioni di partenza: l’isola non fa parte del sistema monetario europeo (ha una moneta nazionale, la corona) e le dimensioni della sua economia sono, nel contesto del mercato globale, modeste. Tuttavia gli islandesi, dalla sollevazione furibonda ma pacifica dell’ottobre 2008 a oggi, hanno maturato una ferrea volontà politica di disfarsi di istituzioni e meccanismi dati generalmente per intoccabili e ineluttabili. Una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto al pensiero unico propagandato in Occidente secondo cui fuori dalla supervisione coercitiva degli organismi internazionali non c’è salvezza ma solo il fallimento. L’Islanda ha capito che dietro la facciata tecnicamente asettica dei funzionari dell’Fmi (o del Wto, o in Europa della Bce) ci sono i lucrosi interessi dei banksters privati, che usano come leva di ricatto morale il risparmio della gente da loro gestito per strozzare altre genti e privarle del diritto di autogovernarsi. L’Italia si trova in una situazione molto diversa: con le mani legate dalla gabbia dell’euro, con un ceto politico prostrato ai piedi dei dittatoriali “mercati”, con un’opinione pubblica che si scanna sulla pagliuzza di chi governa a Palazzo Chigi mentre è insensibile alla trave di chi manovra dall’estero il nostro bilancio pubblico. Ma le innegabili differenze non devono offuscare il valore di esempio, quanto meno etico e civile, che viene dai ribelli della libera Islanda. Da oggi, tornare a respirare libertà si può. Siamo – vorremmo essere – tutti islandesi.
Alessio Mannino
www.ilribelle.com 14 settembre 2011
mannino, per essere un buon opinionista dovresti iniziare ad argomentare quello che dici. da questo testo si capisce solo che ti stanno sullo stomaco fmi banche ed euro, ma non spieghi cosa hanno fatto e perchè. le cinque W...
RispondiEliminaAnzitutto, per essere una persona educata, caro il mio anonimo, dovresti firmarti. In secundis, qui ho solo riassunto in un'istantanea il percorso politico dell'Islanda, non ho voluto ricapitolare l'intera storia in tutti i suoi aspetti tecnico-finanziari, il che avrebbe comportato ben altro approfondimento. Le cinque W sono le regole di base di un articolo di cronaca, ciò che il post non è.
RispondiEliminaIl post in questione, questo di cui stiamo parlando, intendo, caro il mio criticone.
RispondiEliminaGentile Mannino,
RispondiEliminaComplimenti!!!
questo e' il riassunto dello sfacelo (pianificato) finanziario a cui ci hanno trascinato i "vecchi saggi"
Tutti a casa e copia incolla in Italia di cio' che hanno fatto gli Islandesi!!!!
Il vento stà cambiando, cari politici italiani :
o ve ne andate da soli , o vi mandiamo via a calci nel sedere ( per essere gentili...)
Saluti
Sbilf
Credo che Alessio abbia già sviscerato ampiamente l'argomento BCE e FMI in altri contesti.. E sono sicuro che, se glielo chiederai direttamente, ti spiegherà volentieri quale sia la sua opinione. In fondo, Al è un chiacchierone ;)
RispondiEliminaBah. Nessuno in questi giorni, fra i tanti commenti, dice che il rischio che il progetto europeo sfumi, che le nazioni tornino divise con dracma marco lira ecc, è giocare col fuoco. L'Europa Unita è nata in un momento ben preciso e con un obiettivo ben definito, scongiurare guerre fra gli stati membri. Il probabile fallimento (io spero di no) è dovuto al fatto che all'unione economica non si è accompagnata una fusione politica. ogni stato ha voluto poter continuare a fare tutto da sè politica estera debito ecc, non credendo fino in fondo all'idea di una federazione e pensando che fosse possibile delegare solo la stampa della moneta. il risultato sono gli squilibri di cui parli tu, mannino, e altri fra istituzioni creditizie centralizzate e stati nazionali che non hanno abbastanza peso da ordinare alla banca di seguire la volontà politica, ma allo stesso tempo non vogliono aggregarsi. ma la soluzione non può essere quella proposta in questo articolo d'opinione. l'islanda è un'isoletta disabitata in mezzo all'oceano, di cui sostanzialmente non frega niente a nessuno, e che ricambia il disinteresse verso il resto del globo. l'europa è un continente zeppo di stati e nazioni distinte e popolose, una attaccata all'altra. un continente che non più tardi di 65 anni fa era percorso da sud a nord, da est a ovest di treni piombati carichi di ebrei e altre minoranze sgradite, è bene ricordarlo. la politica dello struzzo di cui parli tu non può essere la soluzione, caro mannino, perchè se c'è una cosa che è certa, oltre alle tasse e alla morte, è che i problemi si affrontano. se scopi lo sporco sotto il tappeto prima o poi spunta fuori più lercio di prima.
RispondiEliminaPS ultima postilla, tu pensi che la russia e l'argentina facciano un prestito a uno Stato sovrano, per quanto d'importanza relativa, solo in quanto benefattori? senza nessun interesse e obiettivo?
PPS sono anonimo e resto anonimo. siamo in un paese libero, per ora: libero anche di rimanere anonimi. se non ti vanno questi commenti, disattivali. o temi che poi nessuno ti legga più il blog?
No, mi dà solo fastidio la maleducazione.
RispondiEliminaI prestiti fra paesi sovrani son ben diversi di quelli fatti a strozzo da organismi sovranazionali, che non si limitano a un do ut des finanziario ma in nome della stabilità confiscano la sovranità dei popoli.
Quanto a tutto il resto, non ho certo negato l'importanza relativa di un paese piccolo e periferico come l'Islanda, se leggi bene l'articolo. Nè ho detto che possiamo riprendere il percorso descritto alla lettera. Ho solo detto che lì hanno riscoperto la volontà politica e sovrana, mentre noi qui ci facciamo un sacco di pippe mentali, come le tue, pur di non scalzare la finanza dal trono in cui è. Lo spauracchio della guerra fra stati è roba da ottocento: siamo talmente tutti interconnessi, che se casca uno cascano tutti. Che è esattamente ciò a cui ci stanno portando. Tanto vale riprendersi la libertà e cambiare strada. I problemi che per te sono tali, per me sono falsi problemi. I debiti permanenti, eterni non sono più debiti da "affrontare": sono forme di schiavitù. E la schiavitù non ha mai, ripeto mai una scusante, un'attenuante e meno che meno una giustificazione.