Ieri è uscita un’intervista al marxista Giacomo Marramao sul quotidiano comunista Liberazione in cui il filosofo italiano si contrappone al francese Serge Latouche, padre della “decrescita” serena o felice che dir si voglia. In sintesi, l’obiezione di Marramao è sempre la solita: non è lo sviluppo economico in sé ad essere un male da combattere, ma solo la sua diseguale distribuzione, cioè lo sfruttamento di classe: «penso che dobbiamo parlare invece di uno sviluppo diverso, di tipo tecnologico che favorirebbe la diminuizione delle ore lavorative, come diceva il caro vecchio Marx. Più scienza, più ricerca, più tecnica». Ma l’epigono del barbuto di Treviri si spinge più in là e tenta un’operazione un po’ subdola: intende neutralizzare la portata dell’intero discorso dell’ex sinistrorso Latouche, ascrivendo al marxismo la tesi latouchiana secondo cui l’economia, intesa come accumulo di ricchezza, è un’invenzione ideologica per niente naturale bensì artificiosa e, a conti fatti, nemica dell’uomo. Sostiene Marramao: «La formula che utilizza Latouche, “l'invenzione dell'economia”, mi sembra insomma tutt'altro che antimarxiana. Il mercato capitalistico è il risultato dell'artificio culturale della naturalità. Questo è Marx puro. Il capitalismo passa per un evento naturale ma in realtà è un prodotto storico-culturale determinato».
Premessa: non sono un marxologo né vanto le competenze filosofiche di Marramao. Mi limito a dire la mia da dilettante, che è questa: l’interpretazione di Marramao non coglie l’essenza della riflessione di Latouche, che per me è etica. Essere contro l’ideologia della crescita infinita è una scelta di campo che ha il suo perché nel senso di giustizia. E la giustizia, a sua volta, si individua e si fonda sul senso, prettamente antico, del limite, poi stravolto dall’escatologia cristiana e dalla sua secolarizzazione illuministico-borghese. Secondo i marxisti, invece, la giustizia sociale discende dall’uguaglianza, ed essi la intendono, col loro materialismo storico (struttura e sovrastruttura), come un fatto anzitutto economico. E con ciò riducono al dato economico l’intera esistenza umana. Latouche, al contrario, e nel seguito dell’intervista lo ricorda lo stesso Marramao, recupera l’idea di saggezza, ovvero di una sapienza maturata col tempo, fatta di pesi e contrappesi, di rispetto delle leggi naturali, incentrata sull’equilibrio fra le parti. Un concetto ignoto al marxismo, che essendo un prodotto della modernità nella sua variante proletaria ambisce ad un egualitarismo livellatore e tragicamente opprimente, nonché storicamente impossibile (l’Urss è crollata per le divisioni, di reddito e di potere, che la corrodevano al suo interno). Il trucchetto di Marramao è respingere l’anti-sviluppismo radicale del pensatore francese ma nel contempo mostrare la sua filiazione spuria da Marx limitandosi a dire che il capitalismo non è naturale. Certo che non lo è, e anche Latouche ne è convinto. Solo che Latouche ne è convinto perché pensa che l’intera sfera economica come ricerca dell’utile sia innaturale e abbia esondato dai confini che proprio le sovrastrutture disprezzate dai marxisti le avevano assegnato. Insomma Latouche è un anti-economicista e anti-utilitarista, mentre Marx e i suoi ultimi allievi sono “solo” anti-capitalisti, se la prendono col capitale e il profitto là dove è l’intero immaginario dell’eccedenza come eccesso il bersaglio della critica latouchiana. Lo ammette, dandosi la zappa sui piedi, lo stesso Marramao: «Latouche usa il termine “utile” laddove, a mio parere, andrebbe usato il termine “profitto”. Ad ogni modo, la crescita illimitata non è una variabile dipendente dell'utile. Le società del mondo antico, una volta realizzato l'utile per la comunità, erano soddisfatte di sé e puntavano alla conservazione». Latouche, e nel mio piccolo io con lui, non ha nostalgie per un passato che non può tornare. Ma ricava da esso un insegnamento che è attualissimo: la liberazione dalla dittatura del mercato non passa attraverso fallimentari e riduttive ricette redistributive e neo-collettiviste, ma dal rifiuto tout court di un modello culturale e valoriale fatto di carta straccia, cioè di denaro, e della demoniaca sete di dominio che spande su ogni espressione di vita. Il buon vecchio pregiudizio, anche un po’ moralistico, per il vile denaro e per chi lo maneggia: questo è davvero rivoluzionario, oggi. (a.m.)
questi nostalgici devono riciclare e riadattare il pensiero di Marx a tutto ciò che a loro, in quel dato frangente, aggrada. Devono estrapolare qualcosa scritto dal loro Dio, lo riadattano all'attualità rielaborando un tacito accordo a qualsiasi cosa intendano ora perseguire.
RispondiEliminaAdesso vogliono "appropriarsi" della decrescita, come a suo tempo si appropriarono del pacifismo che poteva essere solo di sinistra (a detta loro). Così son liberi di farne quel che vogliono, soprattutto di farne fare la fine del "pacifismo" che sostiene le guerre umanitarie.
Oltretutto Marx era progressista, come si professa essere la sinistra, che c'azzecca con la decrescita?
Sebbene la Decrescita non rifiuti l'uso della tecnologia, questo deve essere improntato al risparmio energetico, di inquinanti, di ore di lavoro per migliorare realmente la qualità della vita, non perché i profitti di quella tal azienda crescano e magari per assumere più gente.
Non sarebbe decrescita altrimenti, mentre i progressisti abbisognano della crescita quindi proprio con Marx non ci può proprio incastrare.
maramao perchè sei morto? pane e vin non ti mancava...
RispondiEliminaduemila persone di Vicenza e dintorni che si recano ad ascoltare Saviano, alla libreria Galla, dove parla anche di traffici di rifiuti partiti dal Veneto e Vicenza verso le regioni del Sud. uno sparuto gruppo di comunisti e marxisti che denunciano il fatto con documenti alla mano nel 1995 e anni seguenti alle pubbliche autorita vicentine, venete,nazionali. non si preoccupi Barbara, non le ruberemo la decrescita e il pacifismo, il nostro impegno per l'ambiente, la salute il lavoro lo dimostriamo con i fatti. l'ideologia la lasciamo ad altri, perchè la nostra lettura del nostro Carlo che dalle lotte tornava a casa con le ossa rotte e che bene o male ha scritto il capitale è tutta materialista come ha ben scritto il fisico grego Eftichios Bitasakis nel suo libro: "la natura nel pensiero dialettico" edizioni Ponsimor. Barbara buona e felice decrescita sperando di incontrarla nelle lotte che ci sono anche in veneto e nel vicentino.
RispondiEliminaCaro Panato,
RispondiEliminache voi vi battiate nessuno lo nega e personalmente ve ne rendo merito. Però non può rinfacciare a chi vi critica di seguire un'ideologia, se è proprio in base a un'ideologia (io la chiamo così, anche se Karl mi avrebbe fucilato per questo), quella marxista, che anche voi producete i vostri, ripeto legittimi e benemeriti, fatti. E' concettualmente scorretto ribattere ad una tesi esposta sul piano teorico brandendo un'esperienza sul piano fattuale: è come rispondere con le mele alle pere. Non voglio apparirle capzioso, però mi piacerebbe che se uno vuole discutere lo faccia nel merito. In questo caso, il merito è la differenza di fondo, almeno così come la interpreto io, fra marxismo e decrescita. Che c'entrano Saviano e le lotte in Veneto e nel Vicentino? Certo, teoria e prassi, come insegnava Lenin, devono andare di pari passo (anche se non sempre e a qualunque condizione, secondo me). Ma se non si fanno i conti con la falsa coscienza (Marx puro, qui), la lotta sul campo diventa azione per l'azione, scentra il bersaglio, si fa illusoria e auto-ingannevole. Insomma, aver chiaro il pensiero di fondo viene prima di tutto. Che mi dice? Con simpatia.
Vi comunico l'iniziativa degli studenti di Lettere e Filosofia dell'Università Roma Tre
RispondiEliminache vedrà SERGE LATOUCHE tenere una conferenza il 7 novembre 2012 a Roma
presso L'Aula Magna - via Ostiense, 234 -inizio ore 9,30
Grazie se vorrete segnalarlo sul vostro sito.
In allegato Locandina e presentazione.
Grazie per l'attenzione e cordiali saluti.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
Per gli Studenti di Lettere e Filosofia Università Roma Tre
Carlo Castorina – toblach50@hotmail.com
Comunicato stampa Roma, 29 ottobre 2012
CONFERENZA DI SERGE LATOUCHE
“QUALE RAPPORTO FRA ECONOMIA, ECOLOGIA E FILOSOFIA? L’OCCASIONE DELLA CRISI”
Mercoledì 7 Novembre 2012 - ore 9.30
Facoltà di Lettere e Filosofia - Aula Magna
Università Roma Tre - via Ostiense 234
Serge Latouche, economista e filosofo francese, mercoledì 7 novembre alle ore 9.30 sarà ospite della Facoltà di Lettere e Filosofa dell’Università Roma Tre per una conferenza sul tema Quale rapporto fra economia, ecologia e filosofia? L’occasione della crisi, promossa e organizzata dagli studenti dell’Ateneo.
Quello che sta accadendo in campo ambientale, economico e sociale è il risultato di una
concezione di progresso che non tiene conto dei limiti naturali e temporali e che alla cooperazione sostituisce la competizione ed il confitto.
Invertire la rotta prima di emergenze e disastri a cui potrebbero corrispondere svolte
autoritarie forse è ancora possibile, ma ciò implica un cambiamento culturale ed una presa di coscienza urgente e di portata globale.
Serge Latouche è uno degli animatori de La Revue du MAUSS, presidente dell'associazione “La ligne d'horizon”, è professore emerito di Scienze economiche all'Università di Parigi XI e all'Institut d'études du devoloppement économique et social (IEDS) di Parigi.
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Giulia Longo, Mariangela Carroccia
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