Ieri sono andato ad ascoltare Luca Casarini al Festival No Dal Molin. Come sempre ben organizzata, la kermesse della Bottene, Pavin & Co si conferma buona occasione di aggregazione, anche se incapace di superare il complesso della “ridotta” ideologica (personaggi, punti di vista e suggestioni in linea con l’ortodossia disobbediente). Proprio per questo l’intervento di Casarini mi è piaciuto: lui che è l’uomo-simbolo dei centri sociali del Nordest ha fatto un discorso che non càpita mai di sentire in bocca all’autonomo medio, affermando che bisogna andare oltre il passato.
Per essere precisi ha usato questa efficacissima espressione: «uscire da noi stessi». Parlando dopo Gianni Rinaldini (Fiom Cgil) che aveva focalizzato nella distruzione dei diritti del lavoro con un semplice colpo di penna il tratto più inquietante della manovra di governo, Luca ha detto chiaramente che non è più possibile rifarsi, con tic pavloviano, agli schemi e alle lotte di un tempo. La crisi economica e sociale di oggi non può essere affrontata secondo formule che andavano bene trenta o vent’anni fa: problemi nuovi richiedono risposte nuove. «E’ necessario inventarsi qualcosa di nuovo», ha infatti scandito Casarini. Questa verità, in sé banale poiché la società cambia e con essa si modificano ingiustizie e conflitti, è rivoluzionaria se detta ad un pubblico abituato a ragionare in modo rigido, com’è l’estrema sinistra per quanto stradaiola.
Il punto è: come? Casarini cita sempre, e l’ha fatto anche ieri, il federalismo. Non la sóla leghista, beninteso, e ha ragione. Per il resto parla genericamente di «costruire un’alternativa a questo sistema». Introducendo il dibattito il padrone di casa Cesco Pavin, nel suo linguaggio involuto pieno di “dinamiche”, “pratiche” ecc, aveva addotto come esempio di un «vento nuovo» la vittoria di De Magistris a Napoli. Be’, se quella è l’alternativa, stiamo freschi. Sarebbe una coalizione di dipietristi, comunisti e varia sinistra extraparlamentare il modello di una radicale «disobbedienza di massa» al Potere, secondo le parole di Casarini? In tutta onestà, non mi pare proprio. Il fatto è che i disobbedienti vivono in questa ambiguità: da una parte teorizzano, e qualche volta mettono in atto, la forzatura della legalità per un superiore urgenza di giustizia sociale, ma dall’altra cercano di venire a compromesso con le forze politiche istituzionali per ritagliare spazi fisicamente fruibili (i “laboratori”, cioè i centri sociali, o a Vicenza il Parco della Pace) per manifestare il dissenso alla società capitalistica. Perciò salutano con favore quelle esperienze locali, come De Magistris ma anche come il democristianissimo politicante Variati, che permette loro di esprimersi.
Sono pragmatici. E non ci sarebbe nulla da obbiettare se poi, però, non sentissi appunto un Casarini invitare a «disobbedire alle leggi ingiuste». Delle due l’una: o si viene a patti con le istituzioni, o se ne sta fuori e si combatte per delegittimarle. E siccome, per una critica di sistema al sistema, come sostiene Casarini, i vecchi dogmi di quest’area sono inservibili, se si vuole davvero elaborare dal basso idee attuali e alternative non ci si può accodare ai meccanismi della falsa democrazia, non si può fare i galoppini elettorali per questo o quel politico di partito, non si può eternamente avere la coazione a sinistra. Mi permetto di suggerire, ai disobbedienti intelligenti come Casarini, il tentativo che vanno facendo Giulietto Chiesa, Maurizio Pallante, Massimo Fini e Fernando Rossi nel laboratorio di Uniti&Diversi: una fuoriuscita totale dagli steccati di destra e sinistra, dal pensiero unico della crescita infinita e dalla democrazia pseudo-rappresentativa. Loro ci stanno provando praticamente senza mezzi, sul terreno della teoria. Perché non seguire la traccia di Casarini e sentire cos’hanno da dire, invece di star dietro ai pifferai della partitocrazia? So già una possibile replica: perché nel frattempo non possiamo chiuderci in seminario e stare con le mani in mano. Ribatto: e perché, invece accontentarsi di sostenere il meno peggio porta a scardinare il sistema, o piuttosto non ha come effetto di sorreggerlo e perpetuarlo nella vana speranza di migliorarlo? Una logica davvero “radicale” sarebbe sottrarre quanta più gente possibile alle illusioni propagandate dal ceto politico, inducendo a disertare le elezioni, disconoscendo chiunque faccia parte del blocco unico destra-sinistra, diffondendo una cultura anti-sviluppista (i Gas, il chilometro zero), autenticamente no-global (cioè, necessariamente localista, di qui il federalismo e la democrazia diretta), contraria al feticcio dell’euro (si vedano gli esperimenti di monete locali libere da debito). La voglia d’azione è una cosa meravigliosa, ma se sprecata per un De Magistris o un Variati allora le parole di Casarini resteranno lettera morta. (a.m.)
PS: nel post di ieri citavo Luca Balzi (ex Pd) e Gerardo Meridio (Pdl) come unici consiglieri comunali che hanno fatto le pulci all’amministrazione Variati sul caso Colla. Intendevo dire che sono stati loro due a collegare esplicitamente la scelta di Colla col duo Bulgarini-Quero. Sullo strettissimo legame di questi ultimi due col sindaco, in occasione della bagatella alcolica di Bulgarini, erano stati Sorrentino e Rucco, entrambi del Pdl, a sollevare il problema politico per primi. E, a onor della cronaca, Maurizio Franzina, capogruppo Pdl, mentre su Bulgarini era rimasto silente, su Colla è intervenuto duramente. Sullo sfondo rimane immobile la Lega, che anzi, per bocca della Dal Lago, ha avuto parole d’elogio per Colla, liberale come lo era una volta la Manuelona leghista. In ogni caso, un’opposizione in ordine sparso, che non fa paura a nessuno.
i centri sociali sono i migliori gatekeepers del sistema.
RispondiEliminaParlano parlano soprattutto con la digos per "sceneggiate concordate" per darsi lustro di antagonista, poi invitano a votare chi promette poltrone o fondi per i centri sociali (basta vedere chi magicamente non viene sgomberato mentre gli altri si....chissà in cambio di cosa eh)
Interessante Blog, Rudolf Steiner disse questo:
RispondiElimina"Quel che distingue i processi economici è che noi ci troviamo dentro di essi; dobbiamo dunque osservarli dall'interno. Dobbiamo sentirci inseriti nei processi economici, come un essere che si trovi dentro la storta del chimico dove si elabora una sostanza sotto l'azione del calore".
http://www.clarissa.it/ultimora_nuovo_int.php?id=147
abbraccio dal cosmo
a.V