Direttore di un giornale
on-line durante la settimana, rockettaro convinto e impenitente nei week-end. È
Alessio Mannino, 32 anni, vicentino. Ex pigafettiano, sezione A del classico
tradizionale, uscito dal nostro liceo con un bel 100 (nonostante capisse davvero
poco di matematica e fisica) e poi laureatosi a Padova sette anni fa in Scienze
della Comunicazione. Esperienze particolari? Una tesi sulla tv, di cui ancora
si stupisce: “Ancora oggi non mi capacito di come potevo pensare di lavorare
in un mezzo che davvero non farebbe per me.- e aggiunge – Ma
speriamo che qualche direttore tg non mi legga: nella vita non si può mai
sapere…”
Dopo aver sbirciato il suo giornale “La Nuova
Vicenza” sul web, l’abbiamo intervistato.
Da ex studente del Pigafetta, si ricorda qualche
professore in particolare che le è rimasto impresso?
Al ginnasio, in latino e
greco, avevo la professoressa Andretta. Nelle sue materie andavo bene, anche se
una volta mi diede un 3-meno-meno in un compito di greco che ancora
ricordo. Per il “meno meno”: davvero sublime. E come dimenticarsi il compianto
professor Gianmarco Alberti, geniale nel far firmare i compiti in classe con
pseudonimi. Un giorno mi presentai come “L’Anticristo”! Al liceo,
invece, ebbi un grande insegnante di storia e filosofia: il professor Cazzola.
Forse devo anche a lui il mio tabagismo, anche se non capivo il suo amore
per Hegel e contemporaneamente per Nietzsche. Lo capii tanti anni
dopo.
Una cosa bella e una brutta che ricorda del
Pigafetta?
Di bello c’era la possibilità
di stare con coetanei con cui poter parlare anche di cose un po’ più elevate
che non quelle amabilmente stupide o scurrili con cui ci si diverte a 15-20
anni (ma anche dopo, sia chiaro, rimangono fondamentali). Di brutto,
personalmente, mi sentivo stretto fra due compagini: i “secchioni”(e io, quanto
a voti nelle materie principali, lo ero, ma mi disgustava il loro perfezionismo
e soprattutto perbenismo) e i più o meno finti “alternativi”, con cui invece
condividevo un certo modo di atteggiarmi e vestirmi (ma non mi piaceva la loro
spocchia da nostalgici del ’68, un mito che non ho mai avuto perché troppo
retorico e sostanzialmente falso).
Lei è giornalista. Chi le ha trasmesso questa
passione, e quando?
Semplicemente,
professionalmente so fare solo una cosa: scrivere. Fare il giornalista per me è
una scelta quasi obbligata. Ho cominciato pressappoco quando mi sono laureato,
nel bel settimanale “Vicenza Abc”. Se avete voglia, leggetevi il
divertentissimo ritrattino che di me ha fatto il mio direttore di allora,
Matteo Rinaldi, sul suo blog: http://www.matteorinaldi.com/2009/02/un-cronista-senza-paura-e-senza-speranze/ (p.s.:
effettivamente quella foto è tremenda, mentre invece contesto di essere di
destra: non lo sono mai stato. Per me destra e sinistra sono al massimo
indicazioni stradali, non più categorie concettualmente valide per interpretare
il presente).
Un suo mito giornalistico?
Ne ho due. Uno, che è il mito
di tutta la categoria (o almeno di buona parte), è Indro Montanelli: per lo
spirito polemico e la superba scrittura. Il mio mito vivente, però, è Massimo
Fini, che oggi scrive sul “Fatto Quotidiano”, esattamente per le stesse
ragioni, ma anche per la sua linea di pensiero anticonformista.
Cosa le piace del suo lavoro?
Scherzando, ma non troppo,
potrei rispondere: poter alzarsi ragionevolmente tardi al mattino. Seriamente:
mi appassiona poter indagare sui reali motivi del perché accadono certi fatti
piuttosto che altri, e soprattutto poter esprimere il senso critico, che è lo
scopo dell’informazione, cioè la conoscenza.
“La Nuova Vicenza” è il
giornale on-line che dirige. Quando e perché è nata l’idea di una rivista
virtuale? In media, quanti sono gli utenti che visitano il sito o commentano
gli articoli?
“La Nuova Vicenza” nasce il 7
dicembre 2011, principalmente come un settimanale on-line del venerdì, per poi
via via trasformarsi in un quotidiano, compatibilmente con le nostre forze (il
mercato non aiuta, in questo momento storico, e per giunta in una città chiusa
e culturalmente ancora bigotta come Vicenza). L’idea è sorta come
un’opportunità per il sottoscritto di creare una testata giovane, agile, libera
– io ce la metto tutta, poi giudichino i lettori – cosa di cui ringrazio il mio
editore Luca Bortolami. Dopo un solo anno, basandoci solo sui contenuti, le
inchieste, la ormai nutrita squadra di opinionisti e rubricisti, siamo a 30
mila utenti unici al mese. Apriamo anche una serie di blog personali per chi
voglia dire la propria, sempre che qualcosa da dire ce l’abbia. Qualche
studente liceale o universitario che sappia usare la penna sarebbe il
benvenuto…
Le è mai capitato di
ricevere delle critiche per i suoi articoli molto chiari e diretti? Se sì, come
le ha affrontate?
Grazie per il “molto chiari e
diretti”, anzitutto. Critiche? A iosa. Lamentele, sfuriate, incazzature, ma per
lo più mugugni e odii cordiali: a Vicenza si parla molto alle spalle. Li ho
affrontati fregandomene, se provenienti da persone di poco conto, o cercando di
capire le motivazioni, se era il caso di farlo. Una critica, comunque, è sempre
meglio del silenzio.
Quali sono le più grandi
responsabilità nella direzione di un giornale, in questo caso sul web? A questo
riguardo, cosa ne pensa del recente arresto di Sallusti per reato d’opinione?
Le rogne maggiori? Sicuramente
quando si trattano notizie giudiziariamente sensibili o si espongono
opinioni in maniera netta, che purtroppo spesso vengono fraintese come livori
personali. Un giornalista, secondo me, ha il diritto ma
anche il dovere di esporsi, specialmente se è il direttore. Assumendosene tutta
la responsabilità e le conseguenze. Su Sallusti: trovo eccessiva la galera e
umanamente sono solidale, ma quello di cui si è macchiato non è reato di
opinione, ma di omesso controllo su un articolo che dichiarava il falso, il che
non equivale ad un’opinione. Altrimenti tutti potremmo inventarci balle sul
conto degli altri così, a buffo, impunemente.
Qual è il rapporto con
“Il Giornale di Vicenza”, principale quotidiano della città? Che differenza c’è
tra il Suo quotidiano e quello della città?
Per come la vedo io, il
rapporto è complementare: il mio giornale web fa approfondimento, inchiesta e
opinione, il quotidiano maggiore della città punta tutto sulla cronaca.
Qual è l’obiettivo del
futuro per “La Nuova Vicenza”?
Diventare a livello locale la
voce di quel mondo fluido, innovativo e senza tabù che è caratteristico della
Rete.
Considerando “Il
Pigazzetta”, quale consiglio darebbe ai ragazzi che vi scrivono?
Non ho abbastanza anni di
esperienza alle spalle per sentirmi in grado di dispensare consigli, ma visto
che me lo chiedi, direi questo: quando scrivete, cercate sempre di vedere
l’altro lato della medaglia.
3 parole per descriversi?
Dura essere obbiettivi su se
stessi. Ci provo: sincero, incazzoso, nottambulo.
Insomma: come avrete capito,
Mannino è uno deciso, intraprendente e senza peli sulla lingua, che affronta la
realtà con disinvoltura e con la curiositas dei latini. Ha
anche una rock band e di regola frequenta gente che non ha niente a che fare
col suo lavoro: “Non esiste week-end in cui non vada a un concerto. Mi serve
per mantenere l’equilibrio ed evitare la noia.”
Silvia Marin
14 dicembre 2012
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