Nell’Italia sotto dittatura finanziaria
internazionale per mezzo dei partiti-marionette, una forza politica che va nel
senso opposto, di liberazione dal basso, c’è ed è diventata protagonista,
avendo contro tutto e tutti: il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Non è
l’ideale, certo, ed io nel mio piccolo non ho mancato di indicarne i limiti
concettuali e operativi in tempi non sospetti (il battutismo satirico depotenzia
la serietà iconoclasta; c’è sempre una certa remora a tirare le conseguenze di
intuizioni appena abbozzate, come l’uscita dall’euro-gabbia; gli homines novi dei meetup locali, in media bravissime persone, si muovono come agnelli
fra i lupi politicanti di mestiere).
Tuttavia, ora come ora, Grillo svolge
una doppia funzione che non esito a definire, se non rivoluzionaria,
proto-rivoluzionaria: demistifica i luoghi comuni e i tabù, sul blog e nelle
piazze, e mette in crisi il quadro politico con lo scopo dichiarato di superare
la falsa dicotomia destra-sinistra. E tutto questo lo fa, ed è un altro fatto,
usando il richiamo delle elezioni. Per me, che non credo alla democrazia
rappresentativa ma semmai ad una democrazia diretta su base locale (in
un’Europa dei popoli), l’importante è l’ottica strumentale: servirsi del voto come mezzo per gettare
le basi per un’alternativa radicale al partito unico Mercato-Crescita-Mondialismo.
Il grillismo, in questo dato momento
storico, può rappresentare un’opportunità utile, perché destabilizza, rompe gli
schemi, concretizza la possibilità di negare
tutto per ricostruire tutto. Grillo è un buon agente di sfiducia in
questo sistema: principalmente per questo motivo mi sento di dover guardare
alle Cinque Stelle con simpatia e speranza. E’ la pars destruens, la distruzione creativa necessaria come l’aria. E
per ora mi accontento alla grande. Le alternative sono, infatti, o perdere la
dignità dando credito alla marmaglia partitocratica, o rifugiarsi nell’Aventino
del non-voto e del ribellismo filosofico, eticamente ineccepibile ma
politicamente impotente. Quanto alla construens,
ho già spiegato altrove che il programma del 2009 è in buona parte sottoscrivibile
ma incompleto e insufficiente. Combinato con le posizioni, sempre più avanzate,
assunte da Beppe sul blog, rappresenta comunque la miglior prospettiva in
circolazione.
In realtà, visto che le idee corrono
sulle gambe degli uomini, sono più questi ultimi a preoccuparmi. I “grillini”
sono gente comune, digiuna di politica e di amministrazione. E ci sta: meglio
inesperti che truffatori organizzati. Il problema è che non hanno ancora le
idee chiare su cosa vogliono essere, perché non hanno chiarito cosa vogliono
proporre. E questo da una parte li fa sembrare imbranati (vedi la lentezza
estenuante di Pizzarotti nel comporre la sua giunta: semplicemente e
infantilmente, a Parma non avevano nemmeno ipotizzato dei possibili assessori)
e dall’altra li espone al rischio di infiltrazioni, coscienti o meno, che sono
all’ordine del giorno (lo ammette lo stesso Beppe nella bella intervista a Travaglio pubblicata oggi sul Fatto: «Se qualche
cialtrone si infiltra, la rete lo smaschera subito». Già, ma poi chi caccia a
pedate i cialtroni? E coloro che nel movimento, per ingenuità o interesse,
spalleggiano i cialtroni, come devono essere trattati? E con chi è bravo a
mascherarsi, che si fa?).
Questo è il pericolo maggiore. Va bene che l’anti-partito non può irrigidirsi
in partito, ma una selezione minima delle persone più adatte e di provata fede
cinquestellista dovrà farsi più stringente, pena rovinosi sbandamenti e ambigui
annacquamenti. Brutalmente: non è umanamente comprensibile lasciare l’iniziativa
politica a giovinastri che la riducono ad una bega personale. Largo ai giovani?
Sì, ma non agli stupidi, ai creduloni, alle mezze cartucce, agli ambiziosetti
in malafede.
E lo dico da simpatizzante esterno. Se
fossi “dentro”, mi batterei per paletti meno vaghi non solo sui candidati, ma
anche sulla nascita dei meetup, sull’ingresso di nuovi arrivati, sull’identikit
dei portavoce. Non è partitismo, questo: è buon senso. Nel frattempo, isolerei
i sospetti e i sospettabili. E questo non è complottismo: è istinto di
sopravvivenza. Pensateci, amici a 5 Stelle. (a.m.)
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