“Volete sei settimane di ferie all’anno, obbligatorie?”. Ieri il 66% degli svizzeri che ha votato il quesito referendario - 16 giorni in più di vacanze - ha risposto no, non le vogliamo. E’ la sesta volta che la Svizzera rifiuta di aumentarsi il periodo vacanziero. Sono svizzeri, si dirà: un popolo di orologiai e bancari, gente precisa, metodica, indefessa.
Gente seria da un lato e fessa dall’altro, alla luce del risultato di ieri. Seria, indubbiamente. E’ ammirevole che si possa discutere e si faccia votare un tema che ha a che fare con la vita concreta delle persone com’è la quantità di lavoro. Su questi argomenti banali ma importantissimi, da noi, nell’Italia dei Marchionne, dei Berlusconi e delle coop ex rosse, vige il divieto assoluto anche solo di dibattito. Lavorare meno? Un tabù, non se ne parla neanche. Gli svizzeri, con una pluricentenaria storia di democrazia diretta, si dividono e si esprimono su tutto, senza pregiudizi. Questa è civiltà.
Nel caso specifico, i due fronti erano uno, i promotori, il sindacato Travail Suisse e in generale la sinistra, l’altro gli industriali e la destra. I primi sostengono l’evidenza, e cioè che il lavoro contemporaneo è frenetico e stressante, e che poter staccare salvaguarda la salute e la qualità stessa del lavoro. I secondi hanno replicato con una massiccia campagna al grido, scontato come un orologio svizzero, “Più vacanze=meno lavoro”, ma anche affondando emotivamente con uno spot in cui si vede un paziente in ospedale che attende invano l’intervento per mancanza di staff. Hanno vinto questi ultimi, forti del clima teso e pauroso dovuto alla crisi mondiale e al timore di perdere ricchezza in termini di prodotto interno lordo. Ha vinto, insomma, l’ideologia iper-lavoristica della crescita e della competitività ossessiva.
E per di qui emerge l’altra faccia del voto: la fessaggine dei nostri integerrimi confinanti. Che è anche nostra. Rincorrere all’infinito il miraggio di un benessere sempre sull’orlo di una crisi di nervi – una speculazione di borsa, una tempesta dei mercati, le politiche economiche e finanziarie una volta degli Usa e l’altra della Cina o dell’India – è dopare un tossico che prima o poi ci rimarrà secco. I tossici siamo noi occidentali, malati di globalizzazione e di doverismo insensato. Gli svizzeri, a cui il senso del dovere non manca, hanno confermato la scelta di perseguire una strada di fondo sbagliata, radicalmente suicida. E lo fanno come loro sanno fare: seriamente e democraticamente. Un’inquietante prova di lucida e sgobbona follia. A questo punto, e va detto con una punta di amarezza, meglio tenersi stretta l’arruffona indolenza mediterranea, naturale resistenza sabotatrice a questo compulsivo attaccamento al lavoro, lavoro, lavoro, lavoro, lavoro... Lavorare meno, lavorare tutti.
Alessio Mannino
www.ilribelle.com 13 marzo 2012
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