Da A. Mannino, “Contro la Costituzione”, Circoli Proudhon Edizioni, 2017 (acquistabile cliccando qui)
1.L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul
lavoro. (…) Il suo ideatore è il democristiano (ed ex fascista corporativista)
Amintore Fanfani. Manda in orgasmo un po’ tutti, il Lavoro: i liberali
filo-capitalisti, perché é il presupposto del profitto; i cattolici, immemori
della sua origine espiatoria (l’ingenuo Adamo e l’Eva sedotta dal serpente
condannati al “sudore del fronte”), che ne hanno fatto un totem spirituale e
s’indignano soltanto se i centri commerciali restano aperti nel domenicale giorno
di riposo (salvo riempirli a frotte dopo la Santa Messa); gli allora comunisti
e socialisti - oggi ideologicamente passati al nemico, credendosi ancora
progressisti come nell’Ottocento per via di tutta quella retorica dei “diritti”
avanzati ecc ecc - che si contentarono della formula fanfaniana, più astratta
rispetto a quella sovietizzante di “Repubblica di lavoratori” caldeggiata da Togliatti
e Nenni (e se ne beano tuttora, i nipotini degeneri, come si fa coi cimeli del
passato a cui si tiene per romanticismo un po’ idiota). E persino i fascisti,
che ci ritrovarono l’eco dell’articolo 9 del Manifesto di Verona del 1943: «Base
della Repubblica sociale e suo oggetto primario è il lavoro, manuale, tecnico, intellettuale,
in ogni sua manifestazione». Avevano
ragione i compagni: tanto valeva più onestamente copiare la Costituzione
stalinista del 1936, che all’articolo 12 citava Paolo di Tarso: «Il lavoro in
Urss è dovere di ogni cittadino idoneo al lavoro, secondo il principio Chi non
lavora non mangia» (povero Marx, sognatore di una società affrancata dal giogo
del lavoro alienato, sostituito dal fondatore del bigottismo cristiano). (…) Dalla
cacciata dal Paradiso Terrestre in poi (o se si vuole, dalla fine dell’Età
dell’Oro), il lavoro è un male necessario. Come ogni male, ha risvolti di bene:
il dovere di una giusta fatica, assicurare i servizi per la collettività, e
quell’opera di alchimia che è la trasformazione del proprio talento grezzo nel
gioiello finito del Sé (i Greci, che la sapevano lunga, usavano a tal proposito
la parola poiesis, che richiama la
poesia…). Il diritto è semmai un altro: all’ozio. Ora, le 2 ore di lavoro giornaliere
proposte da André Gorz (“Travailler duex heures par jour”), le 3 sognate da
Paul Lafargue o le 4 teorizzate da Bertrand Russell sono forse poche. Ma 6 ore,
come nel recente esperimento svedese, potrebbero essere una buona mediazione. L’ozio
è essenziale per il riposo, l’introspezione, la convivialità. Per dimenticare
gli affanni. Per isolarci e onorare la nostra interiorità. E per contemplare la
Bellezza.
Interessante notare come il lavoro mise d'accordo tutti (liberali, socialisti, comunisti, democristiani....) tanto se metterlo al primo posto nel primo articolo della costituzione...quando forse avrebbero potuto metterci altri articoli più importanti come (cito a memoria) l'articolo 3....
RispondiEliminaPardon intendevo "tanto da metterlo"
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