C’è chi mi chiede: ma tu, da che parte stai? Ho scritto e riscritto ad nauseam che destra e sinistra sono categorie superate dalla storia, tenute in vita dall’inerzia politico-psicologica di massa che fa comodo ad un sistema di potere oligarchico neutro, post-ideologico, mondializzato e senz’anima, una megamacchina tecnocratica e finanziaria che dei vecchi schemi progressisti/conservatori se ne infischia e ingloba tutto in nome dell’unico dio, lo Sviluppo irragionevole e infinito. L’Ottocento è morto, il Novecento non si sente bene ma qui ci si combatte ancora fra fascisti e antifascisti, fra comunisti e anticomunisti come se il tempo si fosse fermato. Il teatro dei fantasmi non mi interessa, e un giudizio realistico e scevro di pregiudizi non può che indurre a schierarsi caso per caso. Secondo i propri valori di fondo, certo, che per me si riassumono nella prevalenza dei valori ideali su quelli materiali, economici, utilitaristici del denaro virtuale, motore della globalizzazione. Chi resiste a questo Leviatano tecnocratico e anonimo mi diventa automaticamente simpatico.
Pertanto, fatti tutti i distinguo che occorrerebbero se analizzate una ad una, in ciascuna situazione “calda” del mondo farei certe scelte e non altre. Negli Stati Uniti d’America, baricentro del pianeta globale, starei con Ron Paul, repubblicano, libertario, avversario implacabile dello strapotere bancario, isolazionista. In Venezuela starei con Hugo Chavez e il suo socialismo bolivariano. In Perù con Evo Morales e il suo socialismo indio. In Argentina con Christina Kirchner e la sua autarchia economica. In Francia appoggerei Arnaud Montebourg, della sinistra del Psf, uno dei pochi politici europei a porre la questione della mondializzazione come problema a monte di tutti i problemi. In Ungheria, ingoiando il rospo di certi eccessi di rivalsa contro gli eredi dell’epoca comunista, sarei col governo nazionalista di Viktor Orban, che vuole liberare il suo paese dalle mire strangolatrici della Bce e del Fmi. A Cuba, sia pur mal sopportando, da guevariano quale sono, la gerontocrazia fidelista, affiancherei chi vuole mantenere un’identità alternativa al capitalismo, anche se finalmente dando libertà di iniziativa al singolo come ha cominciato a fare Raul. In Afghanistan mi batterei coi partigiani Talebani del Mullah Omar. In Palestina mi iscriverei ad Hamas, in Egitto probabilmente ai Fratelli Musulmani. In Iran, non so se con Ahmadinejad o con Kamenei, ma di sicuro lotterei per il mio orgoglio persiano prima ancora che islamico. In Gran Bretagna starei con Nigel Farage e il suo tradizionale anti-europeismo british. In Irlanda del Nord sarei indipendentista con l’Ira, in Cina tenterei, coi mezzi che ho, di resistere al regime (Tibet libero!).
E in Italia? In Italia non c’è una forza politica che concentra in sé abbastanza ragioni da convincermi a sostenerla, sempre, beninteso, con senso critico e libertà intellettuale. Ce ne vorrebbe una che assommasse le due grandi questioni aperte specifiche della società italiana: la questione locale (autonomie locali, un vero federalismo) e la questione sociale (che è comune a tutti i paesi occidentali e si tradurrebbe nel porre fine alla dittatura della finanza, secondo un ideale ecologico e comunitario). (a.m.)
Tu scrivi: "Chi resiste a questo Leviatano tecnocratico e anonimo mi diventa automaticamente simpatico."
RispondiEliminaEbbene se cosi` e`, anche tu mi stai simpatico.
-- Michele (Brumik)
Il 2017 ci ha dimostrato che quelli de "nè di destra nè di sinistra" alla fine sono di destra,lol,ci meritiamo il prossimo governo 5s(ma che dico, pure il berlusconismo-bis!)
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