Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

mercoledì 6 luglio 2011

Serenissimi e cazzári

Nell’ultimo grado di giudizio in Cassazione, dopo 14 anni dai fatti (i tempi biblici della giustizia italiana sono già, di per sé, un’ingiustizia), il gruppo dei Serenissimi che nel 1997 compì l’azione dimostrativa, innocua e un po’ sgangherata di assaltare il campanile di San Marco a Venezia sono stati assolti con formula piena. In sostanza, hanno detto i giudici, erano tutto fuorchè pericolosi, e sono stati vittime di una persecuzione. Altro che eversori.
Personalmente, ho sempre pensato che la loro fosse una bravata un po’ sciocca, con quel “tanko” giocattolo oggi adorato come una reliquia dai venetisti. Gesti eclatanti possono servire, quando c’è da attirare l’attenzione su una causa ignorata e negata com’è quella dell’autonomia del Veneto. Lo era allora, e lo è tuttora - a maggior ragione con una Lega al governo che pensa solo a conservare il potere. Ma c’è modo e modo. Quello, era un modo che faceva più ridere che paura. Come ha puntualmente confermato la sentenza di assoluzione, che in questo caso fa rima con derisione.
Eppure con quegli scalcagnati putschisti della domenica mi sento solidale proprio perché hanno attraversato un’odissea giudiziaria sproporzionata rispetto alla inesistente minacciosità di un’azione palesemente e unicamente simbolica. E mi stanno simpatici perché il loro è un’ideale vero, sentito, condivisibile o meno ma degno di rispetto, non foss’altro per il prezzo pagato di persona nel testimoniarlo con quella pur sciagurata sceneggiata. Sognatori che hanno giocato col fuoco e si sono scottati. Ma sognatori, quindi migliori dei cinici sfruttatori d’ideali che circolano a piede libero.
Uno di questi è il senatore leghista Paolo Franco, che commentando la decisione della suprema corte è corso a strumentalizzare la notizia facendo un parallelo-boomerang fra i Serenissimi e i No Tav: «Certa politica e certa magistratura preferiscono le violenze dei Black Block e dei centri sociali alle pacifiche dimostrazioni e rivendicazioni di indipendenza che ogni popolo ha diritto di reclamare». Ma benedetto senatore, d’accordo che la conquista del campanile somigliava all’attacco a Fort Apache con le frecce finte, però mi vuol dire che adesso, per rivendicare l’indipendenza, uno si sveglia una mattina e a Vicenza occupa la Torre Bissara? E soprattutto: non è una rivendicazione di libertà e sovranità anche quella dei valsusini e di tutti coloro che assieme a loro si battono perché una comunità decida cosa fare della propria terra? Dice Franco: ma i nostalgici della Repubblica veneziana non hanno fatto del male a nessuno. Ma quando i leghisti eravano secessionisti, se la secessione non fosse stata la solita squallida arma tattica di Bossi (che faceva il gradasso parlando di “trecentomila fucili” pronti a sparare), Franco crede che andando fino in fondo sarebbe stato tutto rose e fiori? Ah già, dimenticavo: gli autonomisti con poltrona a Roma sono stati favorevoli pure allo scempio di autonomia noto anche come Dal Molin Usa. Meglio i Serenissimi, molto meglio gli arruffoni ma idealisti Serenissimi. (a.m.)

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